Fluxus trova casa in Italia. Parola di Yoko Ono

14 Giugno 2013


Suona come una piacevole promessa il titolo dell’opera con cui ha scelto di salutare Venezia. È l’Aula B dello IUAV, ospitata a Palazzo Badoer, la location dove fino al 28 giugno si può ammirare I’ll be back , recentissima installazione firmata da Yoko Ono, ispirata in questo lavoro dai maestri futuristi ma anche dalla straordinaria figura di John Lennon. Un intervento che arriva quattro anni dopo la conquista da parte dell’artista, alla Biennale, del Leone d’Oro alla carriera.

Tutto nasce a Londra: è il 2010 e Ono, in visita alla Tate Gallery, si imbatte nel Manifesto del Futurismo. Un incontro folgorante, che apre per l’artista nuovi orizzonti creativi: il forte e irriverente messaggio di cambiamento lanciato da Marinetti, per certi versi affine nel suo essere rivoluzionario a quello del marito, crea suggestioni imprevedibili. Si arriva alla creazione di un minuscolo museo dell’effimero, dove passato e presente si intrecciano con raro senso della poesia.

Un’opera profondamente e istintivamente italiana, dunque. Un’opera che in Italia è destinata a rimanere per sempre. La mostra veneziana è l’evento che prelude alla nascita della Fondazione Bonotto, che prevede come prima acquisizione ufficiale proprio l’ingresso di I’ll be back , ennesimo gioiello di quella che promette di essere tra le più ricche e complete collezioni dedicate all’estetica del movimento Fluxus, che trova proprio in Yoko Ono una delle sue figure di riferimento.

Sono circa dodicimila le opere e i testi originali raccolti nel corso degli anni da Luigi Bonotto, imprenditore vicentino fulminato sulla strada dell’arte contemporanea, che ha deciso di aprire al pubblico la propria sterminata collezione. Le opere di ottanta artisti e centoventi tra scrittori e poeti troveranno presto casa nell’Ex Macello di Bassano del Grappa, sede designata della Fondazione, oggetto di un progetto di recupero e rifunzionalizzazione firmato da David Chipperfield