Brera: Ermanno Olmi allestisce Mantegna

2 Dicembre 2013


È sempre stato in una posizione di secondo piano. Capolavoro tra i tanti di una collezione, quella della Pinacoteca di Brera, paradossalmente troppo ricca per poter mettere in valore i suoi gioielli più preziosi. Trova oggi il giusto risarcimento, la collocazione che sa rispondere in modo mai così puntuale al suo carattere intrinseco. Grazie all’intuizione di chi non è ne architetto ne storico dell’arte, tantomeno scenografo. Ma puro e semplice poeta dell’immagine.

Ruolo inedito per Ermanno Olmi, impegnato a riallestire la Sala VI del museo grazie alla complicità di Skira e del Piccolo Teatro. Restituendo il pezzo più pregiato della sezione, il Cristo morto  di Andrea Mantegna, ad una dimensione di intimo raccoglimento che prova a omaggiare lo spirito con cui venne dipinto oltre cinque secoli fa. In risposta ad un’esigenza figlia del dolore, committente più esigente che il pittore abbia mai dovuto assecondare.

Le più recenti ricerche d’archivio condotte da Sandrina Bandera, Soprintendete di Brera, propongono nuove tesi interpretative. Che portano ad identificare nel volto del Cristo l’autoritratto dello stesso Mantegna e in quello di una delle tre figure strette in lacrime attorno al sepolcro l’immagine di uno dei figli del pittore. Scomparso in giovane età. Il compianto sarebbe dunque esorcismo di una sofferenza privata, sublimata attraverso l’eterno linguaggio dell’arte.

Olmi si aggrappa a questa visione e consegna l’opera ad un ambiente di compito e pietoso riserbo. Cui si accede scorrendo lungo quella che viene ripensata come stupenda galleria del Rinascimento veneto: passando in rassegna le opere dei vari Liberale da Verona e Vittore Carpaccio, soffermandosi davanti alla Pietà  di Giovanni Bellini. Posta come ideale contraltare dell’autografo di Mantegna, quasi si trattasse di due facce della stessa medaglia.

[nella foto: la “Pietà” di Bellini e il “Cristo morto” nell’allestimento di Ermanno Olmi – foto Giacomo Gatti]