Materia come immagine. Robert Overby al CAC di Ginevra

31 Gennaio 2014


O noi o lui. Un aut-aut secco e risolutivo, imposizione da parte di un gruppo di artisti main-stream, obbligo che mette i galleristi con le spalle al muro: se esponete Robert Overby perdete noi, e insieme a noi i nostri collezionisti. Così le mostre vengono cancellate. E il mondo manca l’occasione di conoscere – siamo nel 1971 – il lavoro di uno straordinario interprete della contemporaneità. Risarcito ora, a vent’anni dalla morte, da un articolato progetto espositivo.

Sono quattro le istituzioni europee a produrre la prima retrospettiva in spazi pubblici mai dedicata ad Overby, evento che parte in questi giorni dal Centre d’Art Contemporain di Ginevra per poi toccare – nei prossimi mesi – la GAMeC di Bergamo, la Kunsthall di Bergen e Le Consortium di Digione. Palcoscenici diversi per ricostruire l’originale parabola creativa di un artista che ha pagato con l’oblio lo scotto di un’originalità visionaria, anticipatrice di stili e tendenze.

All’arte arriva ormai trentenne Robert Overby, seguendo il naturale processo di affinamento concettuale della professione di graphic designer (suo il logotipo ancora in uso da Toyota); maturando una concezione della materia come strumento narrativo, pellicola su cui imprimere memorie, pelle che il tempo tatua di stratificazioni, combustioni, lacerazioni. Testimonianze. Frammenti sia minimi sia monumentali di un’apocalittica archeologia dell’umano.

Gomma, cemento e legno concorrono alla composizione di pezzi che inducono al cortocircuito sensoriale, alternando morbidezze visuali a fascinose asperità. Guidando la produzione di Overby dall’aniconica ferocia degli Anni Settanta alla necessità di impugnare il pennello, ampliando il proprio sguardo oltre l’oggetto, verso il soggetto. Il latex passa così da elemento inerme ad estensione della figura , nella declinazione di un immaginario che si muove verso inattesi erotismi.