Elogio della pittura: Pádraig Timoney al MADRE di Napoli

8 Febbraio 2014


Costruisce paesaggi enigmatici, sospesi in una dimensione dell’assurdo che sembra figlia di Magritte. Ma sa anche spingersi verso un iperrealismo calligrafico, prontamente bilanciato da sferzanti pennellate alla Richter, estroflessioni e giochi tattili memori della lezione di Jasper Johns; o ancora – tanto per restare in ottica Pop Art – giochi fumettistici che profumano di Factory, con un Wile Coyote in stile Andy Warhol, o forse più Ronnie Cutrone.

È un immaginario saturo di potenza espressiva quello di Pádraig Timoney, accolto dal MADRE per quella che si configura come la sua prima grande retrospettiva in uno spazio pubblico. “Una mostra di metà carriera”  sottolinea il direttore del museo napoletano Andrea Viliani, che nel presentare la cinquantina di lavori dell’artista irlandese focalizza l’attenzione su un percorso di spiccata e originale maturità, frutto di un eclettismo che si specchia nell’insaziabile fame di rinnovamento.

Dopo vent’anni dalla sua prima personale e dopo quasi un decennio vissuto proprio a Napoli, Timoney – oggi di stanza a New York – traccia un bilancio della sua esperienza creativa. Portando la sua strenua e mai anacronistica difesa della pittura come linguaggio di riferimento per l’arte del presente, grammatica di base per la lettura interpretata di un reale sfuggente, poliedrico e multisfaccettato. Dove i riferimenti all’eroica Hollywood degli Anni Cinquanta si (con)fondono con la riflessione su una figura di manifesta contraddizione, come quella di Gheddafi.

“Pádraig dona molto al suo pubblico, ma chiede altrettanto”  spiega Alessandro Rabottini, che della mostra è il curatore. Una nota efficace, la sua. Perché il bombardamento di immagini cui l’artista ci sottopone strappa il fiato nel cortocircuito emotivo tra riferimenti incrociati di elegante brutalità, seduce e spiazza in un costante rimescolamento dei parametri linguistici e narrativi. Quasi condensasse nello spazio di poche opere un’enfasi creativa forte di memorie ancestrali.