Odilon Redon, l’enigma in mostra a Basilea

4 Febbraio 2014


È un immaginario totalmente onirico, fosco di incubi spazzati da improvvisi bagliori di luce quello di Odilon Redon. Forse il primo tra i moderni. Una figura introversa e tormentata, capace di segnare il passo in modo radicale: anticipando le rivoluzionarie connessioni sinaptiche dei surrealisti, aprendo la porta a una paesaggistica dell’inconscio che avrebbe ispirato con la sua brutale schiettezza le più ardite e disperate tavolozze fauves.

Spettacolare la mostra che la Fondazione Beyeler dedica al pittore francese tanto amato da Gauguin e Cézanne, portando a Basilea fino al prossimo 18 maggio pezzi in prestito dalle più importanti collezioni del mondo. Nelle sale del museo disegnato da Renzo Piano trovano posto disegni, stampe e olii oggi conservati al Musée d’Orsay, al MoMA e al Rijksmuseum; per un allestimento che indaga in modo approfondito gli aspetti più misterici dell’attività dell’artista.

È solo apparente la pace delle marine e delle nature morte, sospese in un’atmosfera che tradisce la profonda inquietudine di un animo solitario; con le prue delle barche che solcano acque ammantate di effimera tranquillità a rivelare nei nodi del legno volti terrificanti e sguardi venefici. Di contro l’ambiente naturale di fonde con lisergica simbiosi a visioni di mondi altri, nel sincretismo di riferimenti che incrociano religiosità occidentali a filosofie orientali.

La mitologia dell’umano si arricchisce, con Redon, di aspetti di inedita poesia. Le grandi eroine della tradizione letteraria, dalla Beatrice dantesca all’Ofelia shakespeariana, si trasfigurano in pattern vegetali, tra appendici arboricole e arcadiche sensualità; culmine di un percorso creativo che si inaugura con le tensioni autoptiche dei Noirs  , opere giovanili che costruiscono nell’indagine sul chiaroscuro una nuova grammatica del dramma.

[nella foto: Odilon Redon, Ophélie – Dian Woodner Collection, New York]