Shigeru Ban vince il Pritzker Prize, Oscar dell’architettura

25 Marzo 2014


Per lui non esistono materiali troppo semplici o poco nobili. Tutto, dal cartone pressato alle canne di bambù può essere rifunzionalizzato: come ha dimostrato b nel 1995, risolvendo il dramma degli sfollati a seguito del terrificante terremoto di Kobe. Nessuna ammorbante tendopoli, ma minuscole elegantissime soluzioni abitative create con vecchie cassette per bottiglie di birra, riempite di sabbia. Un genio cristallino quello di Shigeru Ban, fresco vincitore del Pritzker Prize.

La trentaseiesima edizione del prestigiosissimo premio, vero e proprio Oscar per l’architettura, va quest’anno al progettista giapponese: che bissa così il successo del connazionale Toyo Ito, insignito nel corso dell’edizione 2013. Ban, nato a Tokyo nel 1957, festeggia così nel migliore dei modi il trentesimo anniversario dall’apertura del proprio studio professionale, arrivata dopo il periodo di apprendistato alle dipendenze del leggendario Arata Isozaki.

Particolare l’attenzione di Shigeru Ban per tensostrutture e apparati effimeri, ramo di indagine che influenza tutta la sua produzione. Sia quella condotta come fondatore del VAN, il network globale di architetti volontari che intervengono per dare sostegno alle popolazioni colpite da calamità naturali; sia quella che attiene in modo specifico alla sua attività di progettista nel senso più tradizionale del termine.

Ricorda non a caso le volute di un tendone la morbida copertura del suo Centre Pompidou a Metz, inaugurato nel 2011; gioca sulla leggera eleganza di una struttura modulare in legno l’ampliamento – in fase di rifinitura – dell’Aspen Art Museum in Colorado. In Italia è stato all’opera nel difficile contesto dell’Aquila: suo il progetto (oggetto di forti polemiche e revisioni in corso d’opera) per il nuovo auditorium della città abruzzese.