Louvre: la Nike di Samotracia torna a casa

11 Luglio 2014


Era stata esposta per oltre un secolo a contatto diretto con i milioni di visitatori che, ogni anno, affollano le sale e i corridoi del Louvre. Diventando fin da subito una delle opere iconiche del museo parigino, immagine da cartolina riprodotta su un numero infinito di gadget; come ogni vera diva stressata dall’abbraccio – spesso tutt’altro che figurato! – con i suoi fan. A portata di mano, senza teche a proteggerla, e dunque alla mercé di un inevitabile degrado.

Aveva bisogno di rifarsi il trucco la Nike di Samotracia, capolavoro della scultura ellenistica datato tra 200 e 180 a.C.; poco meno di due metri e mezzo di eleganza scolpita – secondo la maggioranza degli archeologi e storici dell’arte da Pitocrito, ma la sua attribuzione è ancora discussa – in marmo pario, frutto dell’esperienza e della tradizione dei maestri attivi all’epoca sull’isola di Rodi. Un gioiello offuscato dal depositarsi di decenni di polvere e dall’incauto sfregamento da parte dei turisti.

Ci sono voluti dieci mesi di restauro e quattro milioni di euro di investimento, in parte raccolti “dal basso” grazie ad una fortunata campagna di crowdfunding, per restituire la statua all’antico splendore: la Nike torna in queste ore sul proprio piedistallo in cima all’Escalier Daru, la monumentale scalinata disegnata a metà dell’Ottocento da Hector Lefuel. Lo fa dopo il soggiorno forzato nella vicina Sala dei Sette Camini, dove è stata sottoposto ad attenta e rigorosa pulitura.

L’indagine ravvicinata da parte di tecnici e studiosi ha permesso, oltre alla restituzione della brillantezza del marmo da tempo obliata, di scoprire dettagli sconosciuti di un’opera che a dispetto della propria fama conserva ancora molti segreti. Su tutti quello, rivelato grazie alla lettura della statua attraverso gli infrarossi, della sua coloritura: emergono sia sulle ali sia sulla veste microscopiche tracce di blu. Segno che, come per molte altre sculture dell’epoca, anche la Nike era in origine dipinta.