Architetture dell’assurdo. Escher in mostra a Roma

22 Settembre 2014


La sua esperienza di orizzonte è sconfinata, settata su un’esperienza dettata dalla contingenza di essere nato in un Paese che non conosce altro se non la pianura. È forse da rintracciare qui, nelle sue origini olandesi, la totale fascinazione di Maurits Cornelis Escher per le ondulazioni del paesaggio, i giochi prospettici di panorami modulati in un caleidoscopico saliscendi che trascende sul piano fisico quello ideale di una realtà composita, cangiante, enigmatica. Assurda.

È il Chiostro del Bramante ad accogliere fino al prossimo mese di febbraio, a Roma, un’affascinante retrospettiva dedicata all’artista che più di ogni altro ha saputo manipolare a suo piacimento le regole dello spazio, forzando le leggi della fisica nella costruzione di un universo che è estensione di quello sensibile. Centocinquanta le opere che documentano un percorso visionario, condotto nel confronto serrato ma mai didascalico con l’osservazione del paesaggio naturale e antropizzato.

Escher allena l’occhio e la mano impossessandosi della costa tirrenica della Calabria, delle placide colline senesi e dei gibbosi profili appenninici; perfeziona poi il proprio dominio sul paesaggio trasferendosi in Spagna, innamorandosi delle decorazioni geometriche della cultura moresche a Granada e Cordova, creando un immaginario che passa così senza soluzione di continuità dall’elemento naturale a quello artificiale e ritorno.

La città offre così spunti narrativi che ritornano nel riferimento alla glittica, allo studio di strutture minerali capaci di magnifiche seduzioni; con la tessitura di veri e propri pattern, trame grafiche che mescolano elementi tra loro contrastanti nella definizioni di rinnovati orizzonti mentali. Un processo di evasione dalla realtà comunemente intesa che trova, nella mostra romana, l’intrigante confronto con esperienze che perseguono attraverso strade diverse la medesima urgenza: passando da Marcel Duchamp a Giorgio de Chirico.