Marc Chagall a Milano. Viaggio nel colore

16 Settembre 2014


La sua parabola creativa si addice alla definizione che Eric Hobsbawm dà del Novecento come “secolo breve” , di fatto racchiuso nel lasso di tempo che scorre tra la Prima Guerra Mondiale e il crollo del Muro di Berlino. Una parentesi cronologica che fa di Marc Chagall il più fedele e al tempo stesso inafferrabile cronista del suo tempo, poetico testimone di tutti gli eventi che hanno traghettato il mondo verso la modernità.

Era da mezzo secolo che l’Italia non dedicava all’artista russo, autentico cittadino d’Europa, una mostra tanto ricca: un’attesa conclusa dalla monumentale retrospettiva accolta nelle sale di Palazzo Reale per quello che si annuncia come uno degli eventi culturali più importanti della stagione autunno-inverno. Oltre duecento le opere arrivate a Milano dalle maggiori collezioni pubbliche del mondo, per un evento destinato in primavera ad essere replicato in quel di Bruxelles.

Non c’è aspetto della visionaria pittura di Chagall che la mostra non prenda in considerazione, non c’è soggetto tra quelli da lui trattati che non venga – in certi casi sommariamente, in altri in maniera più approfondito – trattato; non c’è stagione, dai primi colpi di pennello intorno al 1908 fino al congedo dalla pittura di metà Anni Ottanta, che non sia opportunamente celebrato da un allestimento che propone l’intreccio tra un percorso cronologico ed uno invece tematico.

Si passa così senza soluzione di continuità, magnificamente, dalla fascinazione per il teatro – con alcuni tra i futuribili costumi di scena disegnati dall’artista – alla libera interpretazione di una religione ebraico-cristiana letta nei suoi aspetti magici e mitologici; dagli interni più intimi e scarni alle vedute di quegli stessi paesaggi della campagna francese che suggestionarono gli Impressionisti. Nella costruzione di un atlante che restituisce, con malinconica poesia, la tragicomica meraviglia della Storia.