New York: cisterne d’artista per l’Africa

3 Settembre 2014


Mary Jordan lavora per un’organizzazione non-profit americana. È in missione in Etiopia, per seguire un nuovo progetto, quando cade vittima di una pericolosa e debilitante malattia. Rischia di morire. A soccorrerla e provvedere per lei le donne di una tribù tra le più povere di una regione del mondo afflitta da condizioni di vita semplicemente drammatiche. Una volta guarita Mary torna negli States, decisa a restituire a quelle popolazioni l’affetto e l’aiuto ricevuti.

Nasce così, nel 2007, il Water Tank Project : programma di arte pubblica volto a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti dell’emergenza idrica che attanaglia il Corno d’Africa. Come? Grazie all’arte contemporanea, linguaggio universale di bellezza chiamato a intervenire in modo significativo su uno degli skyline più noti al mondo. Quello di New York, arricchito proprio in questi giorni – dopo sette anni di gestazione – dai primi segni del rinnovamento.

Cinque gli artisti al lavoro su altrettante cisterne per l’acqua nei quartieri di SoHo e Chelsea; cinque elementi identificativi della città trasformati in altrettante opere firmate da Odili Donald Odita, Laurie Simmons, Sigrid Calon, Lorenzo Petrantoni e Tessa Traeger. I primi a rispondere ad un appello che nei prossimi mesi vedrà coinvolte decine di creativi – newyorkers  di origini o anche solo d’adozione – uniti dall’idea di lasciare un segno tangibile del proprio impegno.

Tra i prossimi interventi quelli di artistar del calibro di Jeff Koons, Terry Richardson, Zhang Huan e dello street artist Kenny Scharf; ma sono attesi anche gli interventi di mostri sacri della scena internazionale come Ed Ruscha e John Baldessari. Non mancano – oltre a Petrantoni – gli italiani. Come Luca Buvoli, già in mostra al MoMA e in altre prestigiose istituzioni americane, e il fotoreporter Alex Majoli, presidente dal 2011 della mitica agenzia Magnum.