Padova, torna la Belle Époque con Vittorio Corcos

4 Settembre 2014


Il languore degli sguardi, carico di una seducente malizia, ricorda per certi aspetti i dolorosi patimenti amorosi degli Scapigliati; l’eleganza degli interni, fedele restituzione della più orgogliosa atmosfera borghese, è testimonianza perfetta dello spirito di un’epoca. Quella straordinaria in cui visse e dipinse Vittorio Corsos, maestro di pregio assoluto, tra i nomi di punta della declinazione italiana della Belle Époque.

Un nome, il suo, parzialmente obliato al grande pubblico dalla visibilità dei vari Boldini e Zandomeneghi, i più “parigini” tra i nostri pittori e dunque i più noti e affermati. A risarcire Corcos di una fama e una considerazione più che meritate è oggi Padova, che nelle sale di Palazzo Zabarella accoglie la più grande mostra mai dedicata all’artista toscano. Un centinaio le opere esposte, molti gli inediti, per un percorso che dimostra l’articolata parabola di uno straordinario interprete del proprio tempo.

Anche Corcos frequenta la Ville Lumiére, e proprio in uno dei suoi periodi più fulgidi: l’artista è stabilmente in Francia tra il 1880 e il 1886, e poi ancora nei primi Anni Novanta. Ha quindi l’opportunità di misurarsi con lo stesso contesto che aveva poco tempo prima generato la rivoluzione impressionista; del quale traccia però una cartolina di grande originalità, accentuando con forza l’introspezione psicologica delle sue modelle e cogliendo scorci carichi di poesia.

Più che sui modelli pittorici imperanti, allora, la limpida e cristallina tavolozza di Corcos si orienta verso dotte suggestioni letterarie. Trasformando le brave ragazze dei salotti parigini prima e fiorentini poi in femme fatale  che anticipano l’acme del Decadentismo, nella corrispondenza con suggestioni che evocano le grandi eroine del melodramma. Diventando segno concreto di un nuovo modo di guardare alla figura della donna.