Video e performance. A Ginevra la Biennale dell’Immagine in Movimento

21 Settembre 2014


Arte come flusso ininterrotto di informazioni e suggestioni, scorrere impetuoso di emozioni che tenta di raccontare il presente e sognare il futuro. La creatività è per sua definizione antitesi della fissità: la dimostrazione arriva dalla straordinaria carica esplosiva delle opere di video arte presentate alla Biennale dell’Immagine in Movimento di Ginevra, in scena da questi giorni e fino alla fine di novembre negli spazi del Centre d’Art Contemporain.

Un progetto complesso e articolato, che vede il museo diretto dall’italiano Andrea Bellini farsi catalizzatore di giovani talenti della scena internazionale: ventidue gli artisti selezionati e invitati – questo il carattere distintivo della rassegna – a produrre ciascuno un’opera originale. Nessun vincolo curatoriale, nessuna imposizione e nessun taglio preconcetto: massima libertà agli ospiti di un evento che assume così il carattere della ricognizione e della fotografia più fedele dello status quo .

In modo inconsapevole ma significativo si compone allora un vero e proprio atlante emozionale, che riscrive le geografie del contemporaneo: diverse infatti le opere dalla forte natura sociologica, quasi antropologica, partendo dalle ucronie di Jeremy Shaw – inquietante nell’immaginare un futuro post-atomico abitato da comunità identiche ai redneck degli Anni Cinquanta – e arrivando ad Arvo Leo, che propone la riscoperta di un eccentrico fenomenale artista della comunità Inuit.

Alle opere video esposte in mostra si accompagna, nei giorni dell’inaugurazione, un ricco cartellone di performance e presentazioni di film d’artista. Su tutti spiccano il progetto ambizioso di Mathieu Copeland, che esplora le potenzialità e i limiti del cinema creando una “mostra-film”; ma soprattutto Fragment 53 – Liberian Notes  di Carlo Gabriele Tribbioli e Federico Lodoli, collage di video-interviste ai miliziani che per decenni hanno insanguinato la Liberia. Un documento duro, che mette in crisi la comune percezione del concetto di violenza associato all’arte della guerra.