Interferenze tra arte e cinema. Al PAC di Milano

16 Ottobre 2014


La definizione ufficiale è chiara e semplice. Dicesi glitch  l’infinitesimale frattura che falsa il flusso della corrente elettrica; lo scarto, l’interruzione, la rottura. E dunque, applicando il concetto all’ambito delle arti, intendiamo con glitch  l’area anarchica dove le regole e i preconcetti si sfaldano, dove i linguaggi si mescolano e si contaminano, dove la creatività si esprime in modo trasversale, orizzontale. Nel mix tra cinema e arte visuale.

Glitch  è dunque il titolo azzeccato della mostra che, da questi giorni e fino al prossimo 6 gennaio, indaga al PAC di Milano il territorio che separa – o meglio: unisce – la video arte e il cinema, seguendo rotte sempre più battute, che conducono a confini mai così labili. Nella selezione dei lavori, operata da Davide Giannella, uno sguardo che sa rendere conto dei molteplici sviluppi narrativi seguiti negli ultimi anni: partendo dal linguaggio più prossimo al docu-film e arrivando alla sfera della performance.

Tra i protagonisti Rä di Martino, che viene dal mondo dell’arte contemporanea ma ha saputo imporsi anche come regista (vincendo il premio Open all’ultima Mostra del Cinema di Venezia); e poi i fratelli De Serio, figure che hanno contribuito a tracciare un segno decisivo nell’avvicinamento tra la galassia della settima arte e quella del cinema. Immancabile il contributo di Yuri Ancarani, tra gli interpreti al momento più importanti di questa particolare filosofia creativa.

Insieme a firme di artisti già impostisi all’attenzione internazionale, come Adrian Paci e Armin Linke, non mancano i giovani emergenti. Su tutti il duo Invernomuto, che propone l’importante lavoro dedicato alle connessioni tra cultura giamaicana e africana presentato con successo nel corso dell’edizione 2013 del Milano Film Festival; Adelita Husni-Bey, Margherita Morgantin e Carlo Gabriele Tribbioli. Quest’ultimo reduce dall’esperienza alla Biennale dell’Immagine in Movimento di Ginevra.