Van Gogh il contadino. In mostra a Milano

21 Ottobre 2014


È nato ed è cresciuto in un Paese difficile, teatro dello scontro quotidiano tra la Natura e l’uomo. Quest’ultimo impegnato a strappare all’acqua ogni centimetro possibile di terra; a spezzarsi la schiena nella dolorosa vita dei campi, in una fatica incessante – triste eredità passata di generazione in generazione – che diventa simbolo più compiuto del dolore universale di un’umanità fragile e indifesa. Ma strenuamente coraggiosa, commovente.

Tra i tanti temi toccati da Vincent Van Gogh nel corso della sua febbrile esperienza di pittore, Milano sceglie di concentrarsi su quello che l’artista ha forse trattato con maggiore intimo struggimento, con feroce empatia. Nelle circa sessanta opere in mostra fino a metà gennaio nelle sale di Palazzo Reale ecco allora emergere, con titanismo di sapore leopardiano, l’intenso rapporto tra l’uomo e la terra. Per un progetto che declina in modo originale, anche grazie all’allestimento dell’archistar Kengo Kuma, il concept di Expo 2015: dedicato all’alimentazione.

Le pose plastiche, a tratti quasi innaturali, scomposte in una teatralità che accentua il senso di fatica; i volti scavati, feriti dal vento e dal lavoro di anziane contadine fiaccate dal peso degli anni affiorano nei segni taglienti e impietosi dei tanti disegni a matita in arrivo dai musei di Otterlo e Amsterdam; pagina buia che prelude, con convincente scelta curatoriale, all’esplosione cromatica dei paesaggi dipinti nel Midì.

Alla natura algida e sterile del profondo nord si contrappone così la ricchezza delle vigne della Provenza, agli ormai leggendari mangiatori di patate – in mostra uno dei tanti bozzetti preparatori del celebre quadro – i gonfi covoni di grano abbandonati sotto il sole del Mediterraneo. In un tentativo, forse irrimediabilmente illusorio, di sancire una tregua nell’eterno braccio di ferro con l’assoluto.

[nella foto: Vincent Van Gogh – Paesaggio con covoni e luna che sorge, 1889 © Kröller-Müller Museum, Otterlo]