La vita in forma di foto. Una mostra a Cagliari

10 Novembre 2014


Il viaggio è partito nel 2011 al prestigioso Festival Recontres d’Arles, in Francia, ed è proseguito l’anno successivo a Milano; ora – e fino al prossimo 7 dicembre – è al Lazzaretto di Cagliari, terza tappa di un peregrinare potenzialmente infinito, diario che smonta il concetto di reportage tradizionale per muoversi lungo il confine tra la fotografia di informazione e quella d’arte. Affidandosi alla sensibilità di uno sguardo d’autore.

Titola Close to me  il progetto di Samuele Pellecchia, fotoreporter nel senso più tradizionale del termine – testimone per testate come Herald Tribune e New York Times dei più recenti grandi fatti di cronaca, dalla guerra in Kosovo alla Primavera Araba – che sceglie di mettere in crisi l’idea stessa di narrazione affidata all’immagine. Realizzando un’autobiografia privata ma insieme totale, mosaico di esperienze e suggestioni raccolte ovunque nel mondo. Ed interiorizzate, fatte proprie, metabolizzate.

Ad esplodere con seducente violenza è allora, in Close to me , la potenza del non detto; l’energia di frammenti che nella loro fugacità, nella sfida alla precisione della messa a fuoco e nelle volute insistite sporcature, trasformano storie con la esse  minuscola in Storia. Narrazione collettiva che procede per accumulo, per accostamenti paratattici quasi bulimici, in una pioggia di immagini che restituisce il senso di una contemporaneità disarmata e disarmante.

Non hanno nome e non hanno contesto riconoscibile i soggetti incrociati da Pellecchia, ed è giusto che non abbiano né l’uno né l’altro; sono trasfigurazione di persone in concetti, allegorie viventi che esemplificano nella meraviglia di uno scatto fortunato il loro essere animulae , icone che rappresentano ora la Vita ora la Morte, e poi ancora il Sesso, la Forza, il Tempo. Con naturalezza, e quindi con poesia.