La mostra che rivoluziona la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma

13 Ottobre 2016


Inizia una nuova era alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Con l’apertura della mostra Time is Out of Joint, inaugurata lo scorso 11 ottobre 2016 e aperta fino al 15 aprile 2018, si concretizzano pienamente le operazioni, intraprese nel giugno scorso, di trasformazione, riorganizzazione e riallestimento che hanno accompagnato il cambio al vertice all’istituzione. Sotto la direzione di Cristiana Collu – in passato alla guida del Mart – Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto – il museo capitolino intraprende dunque una fase inedita, presentandosi con una veste profondamente rinnovata e con una nuova lettura delle sue collezioni.

L’appuntamento espositivo che sancisce questo decisivo momento di passaggio è una collettiva, focalizzata proprio sulle opere di maggiore rilievo della collezione museale.
Il titolo – Time is Out of Joint – attinge esplicitamente all’Amleto di William Shakespeare, con l’intento di sondare “l’elasticità del concetto di tempo, un tempo non lineare, ma stratificato, che sembra porre in atto il dilemma dello storico dell’arte Hans Belting ‘la fine della storia dell’arte o la libertà dell’arte’ “.
Nel dare piena visibilità a tale obiettivo, Cristiana Collu ha scelto di prendere le distanze da “qualsiasi linearità storica, per una visione che dispiega, su un piano sincronico, le opere come sedimenti della lunga vita del museo“.

La narrazione espositiva si snoda attraverso circa 500 opere di 170 artisti,  dalla “a” di Carla Accardi alla “zeta” di Gilberto Zorio. Il nuovo percorso comprende  capolavori di Giacomo Balla, Gustav Klimt, Lucio Fontana, Alberto Giacometti, Hans Arp, Georges Braque, Vincent van Gogh, Paul Cézanne, Gustave Courbet, Claude Monet, Amedeo Modigliani, Andy Warhol e Joan Mirò, solo per citare alcuni degli interpreti della scena artistica dell’Ottocento e del Novecento. Sul fronte del contemporaneo, lungo il percorso si incontrano Luigi Ontani, Gianfranco Baruchello, Thomas Schütte, Joseph Kosuth e di molte altre figure di punta.

Ci muoviamo nello spazio attraversando le sale e le opere” – ha illustrato la direttrice  Collu – “dove le immagini sono fisse, in relazione simultanea tra loro, come se fossero prequel e sequel insieme: un cinema al contrario, dove la “fotografia”, la visione ha un ruolo chiave nel cristallizzare e trattenere tensioni così fertili anche nella loro composta presenza”.

[Immagine in apertura: photo by Giorgio Benni]