Addio a James Rosenquist, icona della Pop Art

2 Aprile 2017


Il mondo dell’arte perde uno dei suoi rappresentanti più illustri. Insieme a Andy Warhol e Roy Lichtenstein, James Rosenquist ha scritto un importante capitolo della storia creativa novecentesca, raccontando in maniera pungente e di grande impatto visivo le tante sfumature di un’epoca in continuo cambiamento come quella che fece da sfondo alla sua ascesa al successo, a partire dagli anni Sessanta.

Caratterizzata da un’ampia gamma cromatica e dalla scelta di soggetti quotidiani, al limite del banale, la pittura di Rosenquist puntava l’attenzione sulla vena sempre più consumistica che percorreva la società americana del dopoguerra, traducendola in pennellate piatte e asciutte e riducendo ai minimi termini qualsiasi afflato narrativo. Il linguaggio pubblicitario e il dilagare del culto dell’immagine trovarono eco nella pittura di Rosenquist, capace di restituirne i contorni grazie all’uso del grande formato.

Tutt’altro che superficiale dal punto di vista dei contenuti, la poetica dell’artista originario di Grand Forks, in Dakota, fece anche riferimento alle vicende politiche di un momento storico contraddittorio e convulso, dall’epopea di John Fitzgerald Kennedy alla Guerra del Vietnam . Celeberrimo è l’imponente F-111, ventitrè pannelli dipinti a olio per una dimensione totale di circa 3 metri per 26. Esposta presso la Galleria Leo Castelli nel 1965, l’opera è tornata recentemente alla ribalta nell’ambito della mostra From the collection: 1960-69, allestita, fino allo scorso marzo, al MoMA di New York.

[Immagine in apertura: James Rosenquist, President Elect, 1960-61/1964, olio su masonite, 228 x 365.8 cm. Centre Georges Pompidou, Parigi. Photo courtesy of James Rosenquist]