Il design di Michael Beitz, complesso come le relazioni umane

29 Maggio 2017


Sorprendenti e inattese, le opere di Michael Beitz possono generare, almeno a una prima rapida occhiata, un sorriso. È tuttavia sufficiente prolungare l’osservazione e indirizzarsi verso un’analisi più scrupolosa per cogliere il complesso di significati celato nelle articolate realizzazioni dell’artista, nonché assistente presso la University of Wisconsin–Oshkosh. Attivo nel ribaltamento dei principi canonici degli arredi degli spazi pubblici e comuni, Beitz si è fatto strada realizzando opere che rimandano a oggetti quotidiani, ma si presentano in una versione impossibile da utilizzare.

Divani annodati che impediscono di sedersi comodamente; tavoli e panche simili a quelli impiegati nelle aree picnic che si avviluppano su se stessi, negando qualsiasi consumo di un pasto condiviso; piani d’appoggio che progressivamente perdono consistenza, facendosi quasi liquidi e, di conseguenza, inservibili.
Ricorrendo a un universo visivo e materico facilmente identificabile da qualsiasi osservatore, l’artista ha in questi anni dato vita a una serie di interventi unificati dall’impossibilità di porsi come “luoghi di interazione sociale”.

Le relazioni umani costituiscono il campo di osservazione di Michael Beitz, la cui “scultura funzionale” Picnic ha occupato negli anni scorsi parte del terrazzo del Madison Museum of Contemporary Art, in Wisconsin, in un singolare affiancamento con sedute e tavoli tradizionali.
Il suo lavoro, attingendo a un codice all’apparenza irriverente, intende dare consistenza visiva agli ostacoli della comunicazione, alla ricorrente difficoltà di stabilire relazioni che agiscono in profondità, al rischio di alienazione delle generazioni contemporanee.