La scultura nell’epoca moderna, a partire da Canova

6 Luglio 2017

Antonio Canova. Amore alato, Marmo H. 142, prov. Ermitage

Non poteva che essere allestita a Carrara, luogo che da secoli è sinonimo del più pregiato marmo, la splendida mostra Dopo Canova. Percorsi della scultura a Firenze e a Roma che, a partire dal prossimo 8 luglio, ricostruisce alcuni passaggi cruciali per l’evoluzione delle arti plastiche, in quel fertile periodo storico che va dal finire dell’Illuminismo alla metà dell’Ottocento.
Una trentina di sculture, provenienti dall’Ermitage di San Pietroburgo e da altre importanti collezioni sia pubbliche sia private, popoleranno fino al 22 ottobre le sale dell’ottocentesco Palazzo Cucchiari, sede della Fondazione Giorgio Conti.

L’esposizione – curata da Sergej Androsov, Massimo Bertozzi ed Ettore Spalletti, anch’egli scultore di fama internazionale – prende avvio da tre capolavori di Antonio Canova: il Ritratto di Napoleone e l’Amore alato dell’Ermitage, con il modello del Monumento funebre a Vittorio Alfieri proveniente dalla locale Accademia di Belle Arti. Tre opere che rappresentano il tentativo di costruire un nuovo linguaggio figurativo tra l’epoca dell’Impero napoleonico e i dettami illuministi, cui si rifa anche il coevo Thorvaldsen. Anche durante la Restaurazione, i dettami dei due scultori continueranno a fare scuola a Roma, mentre in quel di Firenze andranno imponendosi le novità di Lorenzo Bartolini.

Si apre così una nuova strada per la scultura, che nell’ideale classicista cominciava a soffrire di un forte debito d’inventiva, a favore di un canone ispirato al “Bello naturale”, di cui il Giovane Bacco (L’ammostatore) di Bartolini, risalente in questa sua prima versione in mostra al 1820, è un ottimo esempio.
Tendenze naturalistiche e soggetti ispirati a un passato recente fanno, della cerchia di Bartolini, un movimento che traduce appieno il romanticismo in volumi e forme plastiche.
Da perfetto “outsider” è invece la ricerca artistica di Giovanni Dupré a Siena – in mostra con cinque opere tra le quali la Saffo abbandonata della GNAM di Roma – e del suo allievo Tito Sarrocchi.

Mentre la tensione al rinnovamento si fa sentire forte in area toscana, la scuola romana – che, dopo la morte di Canova e il ritorno in Danimarca di Thorvaldsen, è dominata dai carraresi Pietro Tenerani e Carlo Finelli – soffre ancora dell’eredità della tradizione classica, cui è soprattutto legato il gusto dei committenti.
Ciò nonostante, gli artisti della prima metà dell’Ottocento cercherano di far convivere le nuove istanche romantiche con le richieste conservatrici della clientela, con esiti di grande interesse: è il caso de Le Tre Grazie di Carlo Finelli, in cui il tema squisitamente Neoclassico si confronta con un processo creativo nettamente moderno.