I messaggi “criptici” nell’arte di Max Ernst

4 Dicembre 2018

Max Ernst L’oiseau rose, 1956 Der rosa Vogel / The Pink Bird Öl auf Leinwand Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie © VG Bild-Kunst, Bonn 2018 bpk / Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie / Jörg P. Anders

È una rassegna suggestiva, quella intitolata dal Sammlung Scharf-Gerstenberg di Berlino a un affascinante capitolo della produzione artistica di un caposaldo del Surrealismo. Max Ernst, Stealer of Marks, allestita dal 6 dicembre al 28 aprile 2019, punta lo sguardo sulla scrittura crittografica utilizzata dall’artista per la prima volta nel 1964, all’interno di una serie di opere dedicate all’astronomo Ernst Wilhelm Leberecht Tempel.

Questo tipo di “codice” richiama gli esperimenti surrealisti con la scrittura automatica e, al tempo stesso, evoca l’estetica dei geroglifici egizi, come quelli presenti sull’entrata del tempio di Kalabsha, oggi collocata all’ingresso del Sammlung Scharf-Gerstenberg in attesa di essere trasferita all’Isola dei Musei, dopo il completamento dell’ultima ala del Pergamonmuseum.

La mostra berlinese intende rintracciare origini e fonti di ispirazione della scrittura crittografica di Max Ernst, lungo un itinerario che affonda le radici nella storia dell’arte e della cultura visiva, trovando nei frottage, nei collage e nei grattage di Ernst nuova linfa vitale.

[Immagine in apertura: Max Ernst, L’oiseau rose, 1956, Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie © VG Bild-Kunst, Bonn 2018 bpk / Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie / Jörg P. Anders]