Giovanni Allevi, un incontro alla Triennale di Milano

6 Febbraio 2013


Tutto comincia quando Marco Mangiarotti – autorevole critico musicale che viene dal jazz e si occupa di rock e dintorni – si imbatte, nello scaffale che un negozio di dischi riserva al pop, nell’album di un pianista. Non si tratta dell’errore di una commessa sbadata, ma di scelta consapevole e ponderata: perché l’artista in questione è Giovanni Allevi. Il cortocircuito è immediato: la musica italiana non sarà più la stessa.

Comincia con un aneddoto l’incontro – tavola rotonda più che workshop – che la Triennale di Milano ospita per ricostruire i motivi e le tappe del fortunato successo di Allevi, forte di cinque dischi di platino e oltre 700mila copie vendute nel mondo. Un allestimento di immagini e documenti, curato dagli studenti dello IULM, introduce all’universo sonoro del musicista che ha saputo mettere in crisi, con uno stile unico, sia gli austeri ambienti della classica che quelli più sbarazzini del pop.

Il raccolto Teatro dell’Agorà, scrigno caldo e accogliente nel cuore del Design Museum, ospita l’incontro tra Allevi e il suo pubblico. Un abbraccio filtrato dalle riflessioni dello stesso Mangiarotti, della giornalista Camilla Baresani e di Massimo Bernardini, mass-mediologo di fama e conduttore dell’apprezzatissimo “TV Talk”, format di approfondimento chela RAIdedica, da anni, a tutto ciò che ruota attorno al piccolo schermo.

Perché la portata di Allevi, è chiaro, travalica i puri confini della musica: il suo successo è fenomeno di massa, sintesi fortunata in grado di coinvolgere con il medesimo entusiasmo pubblici tra loro differenti. Una figura trasversale, allergica a generi e banalizzazioni; un gentile rivoluzionario: che sconvolge e scuote il modo tradizionale di intendere la musica colta. Come dimostra “Sunrise”, suo ultimo fortunatissimo progetto discografico.