Una vita senza e-mail: provoca il Padiglione Internet della Biennale

15 Maggio 2013


È possibile, oggi, vivere fuori dalla rete ? Esiste chi, pur immerso in un ambiente creativo o accademico, riesce a fare a meno del consumo quotidiano di internet evadendo dalle costrizioni dei social network? Domande intriganti, poste in un contesto tale da farle apparire ironiche provocazioni: la caccia alle mosche bianche dell’analogico si apre in occasione dell’imminente Biennale di Venezia, proprio all’interno del visionario Padiglione Internet.

Come qualsiasi nazione reale anche il web, benché luogo virtuale e non fisico, trova la propria rappresentanza in Laguna: e lo fa per la terza edizione consecutiva. Ad intervenire nell’Oratorio di San Ludovico è Miltos Manetas, tra i pionieri della net art e ideatore dei progetti che dal 2009 portano a Venezia acute riflessioni sul tema dell’arte digitale. Sua la firma su un ciclo di oli su tela dedicato ai cosiddetti Unconnected , gli “sconnessi” che vivono fuori da Facebook e Twitter.

Il contesto è quello di una chiesa cinquecentesca, il linguaggio – tradizionalissimo – è il medesimo della grande stagione del Rinascimento veneto. Ma i soggetti, invece di essere icone dell’arte sacra, sono uomini del nostro tempo; e ad essere contemplate in estatica e quasi ingenua adorazione non sono reliquie. Ma gli algidi schermi di tablet e smartphone. Lungo il processo di selezione degli Unconnected  , sviluppato naturalmente attraverso la rete, con risultati sorprendenti.

Perché i ritratti di Manetas guardano al mondo della cultura e dello show business, svelando come anche grandi personalità del mondo della musica e dello spettacolo vivano in realtà in un limbo tecnologico. Nella galleria ideale degli “scollegati” compaiono, insieme a Loretta Goggi, Luigi Ontani ed Enzo Cucchi, tra gli artisti italiani più noti a livello internazionale; ma anche, a sorpresa, l’informatico Donald Knuth, professore emerito della Stanford University. Che dopo una vita passata tra i computer ha scelto per se stesso l’esilio informatico.