Oltre l’Impressionismo. Alla Collezione Guggenheim di Venezia

22 Ottobre 2013


L’Impressionismo ha scardinato le porte dell’arte tradizionale, dimostrando la possibilità – la necessità – di intraprendere nuove strade, differenti modalità di espressione. Una rivoluzione formale e concettuale, che prepara il terreno per le grandi rivoluzioni di fine Ottocento: esaurita l’età dell’oro dei Monet e dei Degas, dei Manet e dei Renoir, nella Parigi di fine Ottocento si affacciano nuovi movimenti, diverse correnti. Altri maestri e capolavori.

Sono un centinaio le opere, tra tele e disegni, con cui la Collezione Guggenheim di Venezia racconta fino al prossimo 6 gennaio quella stagione straordinaria. Partendo naturalmente da chi più di ogni altro ha saputo attingere alla lezione impressionista per impostare il proprio specifico e peculiare linguaggio: ecco Signac e Seurat, nomi di punta del puntinismo, pittori-scienziati capaci di restituire nei loro quadri, con armonica poesia, le più avanzate teorie sulla rifrazione della luce e la composizione dei colori.

Da un’arte che è analisi, calcolo, controllo e misura ad un’altra. Istintiva, viscerale, sedotta dalla dimensione del magico e dell’irrazionale. Odilon Redon è tra i primi e maggiori rappresentanti del Simbolismo, autore di una parabola creativa che gioca sulla tensione tra reale e irreale, concretezza e sogno (a volte incubo). Le sue opere, accompagnate da quelle dei vari Paul Ranson, Maurice Denis e Charles Filiger fotografano l’altro lato della pittura.

Tra esperienza sensibile e fuga dalla realtà si colloca, ovviamente, anche una terza strada. Quella della sintesi operata dal gruppo dei cosiddetti Nabis  , i “profeti”, che raccontano la più pacifica quotidianità attraverso il purissimo filtro dell’emozione. Bonnard, Vuillard, Valloton, Sérusier… artisti che guardano a Gauguin e al primitivismo orientale, cercando la pace e le luci dei tropici. Lungo i boulevard della Ville Lumière.