Francesco Clemente in mostra. Da New York a Palermo

26 Novembre 2013


Pochi artisti contemporanei italiani possono vantare una tale considerazione, a livello internazionale, da ottenere retrospettive al Guggenheim di New York e a quello di Bilbao. Solo uno può dire di aver affascinato il leggendario Andy Warhol e aver frequentato assiduamente la sua Factory, accompagnando i vari Jean-Michel Basquiat e Keith Haring. Francesco Clemente è tra i protagonisti assoluti della scena degli ultimi trent’anni. La sua esperienza creativa è in mostra fino a marzo a Palermo.

Le sale di Palazzo Sant’Elia accolgono oltre cinquanta opere del pittore napoletano, nuova tappa di quel giro d’Italia che Achille Bonito Oliva sta compiendo – da due anni a questa parte – lungo il sentiero della Transavanguardia. La storica corrente da lui teorizzata alla fine degli Anni Settanta, ultimo grande movimento artistico nato in Italia, risposta vibrante e sferzante alle asperità concettuali del minimalismo e dell’Arte Povera.

Cinque città, cinque mostre personali per altrettanti artisti emersi nel corso di quella frizzante stagione: Sandro Chia e Mimmo Paladino, Enzo Cucchi e Nicola De Maria, fino naturalmente a Clemente. Raccontato da una mostra che propone, senza soluzione di continuità, opere dei primi Anni Ottanta e pezzi di ultima produzione; tessendo una trama coerente e affascinante, immagine precisa di un processo creativo che si è rinnovato costantemente.

Nelle tele esposte a Palermo emerge in modo dirompente il sincretismo culturale che da sempre è cifra stilistica inconfondibile di Clemente. La tavolozza è imbevuta di colori e suggestioni orientali, raccolte nel corso dei frequenti soggiorni in India; l’immaginario spazia dagli ironici riferimenti giovanili all’iconografia cattolica fino al recente avvicinamento alla meditazione e alle teorie buddiste. Sullo sfondo di riferimenti alla tentacolare New York, amatissima patria d’elezione.