Le realtà espanse di Bernardo Siciliano in mostra a Mantova

5 Gennaio 2014


È pittura allo stato puro quella che Bernardo Siciliano porta a Mantova, fino all’11 gennaio, alle Fruttiere di Palazzo Te. Senza mezzi termini, senza compromessi: nuda e cruda negli intensi e drammatici ritratti di affetti a tratti effimeri e a volte invece indissolubili; potentissima nei paesaggi rubati alla Grande Mela, seconda patria per l’artista romano, che scava inedite suggestioni nei meandri di una realtà esplosiva.

Vinegar Hill e, sempre a Brooklyn, il cavalcavia che conduce l’Interstate 278 verso il Queens; poi Williamsburg, nuovo cuore pulsante della scena underground che guarda da lontano le luci di Manhattan. Non è una New York da cartolina quella dipinta da Siciliano, ma una città che rivela inattese intimità. Stranianti e volutamente stridenti nel trovarsi su tele di grande formato, trasformate in immensi paesaggi dell’anima. Teneramente stretti alla memoria del vissuto.

Nell’elegante intervento critico con cui Sandro Veronesi accompagna la mostra si traccia un sottile ma inestricabile filo rosso. Un collegamento, un’affinità elettiva, un comune sentire capace di sorvolare i secoli e le tecniche – con loro le tecnologie – segnando una linea evolutiva chiara, marcata, vigorosa. Che partendo da Siciliano risale a ritroso nel tempo fino a Lucian Freud; e ancora più indietro agli immortali Van Dyck, Caravaggio e Vermeer.

Assonanze irriguardose? No. Semmai il riconoscimento di un medesimo abbandono al fuoco della pittura, ad una pratica di bottega che può cambiare strumenti, committenti, finalità, espressioni; ma resta immutabile nel rapporto sensuale tra l’artista e la tela. Tra quest’ultima e il colore, tra il colore e di nuovo l’artista: un triangolo emotivo, empatico nelle sue dinamiche più sottili. Fragili ma al tempo stesso solidissime. Eterne.

[nella foto: Bernardo Siciliano, Samera – 2012, olio su tela]