Vent’anni di Cracking Art, in mostra a Bologna

30 Gennaio 2014


Il gusto per la rottura degli schemi, in fondo, ce l’hanno già nel nome. Termine all’udito duro, secco, mutuato dai processi chimici di raffinazione di quel petrolio che – ripulito nel nome della più ammirevole sostenibilità ambientale – si trasforma in plastica da modellare, rivitalizzare, nobilitare. Non è dunque stupefacente scoprire che la mostra che celebra i primi vent’anni della Cracking Art avviene lontano da musei e gallerie. In uno spazio ironico ed eclettico.

Si gioca ancora con le parole, in quel di Bologna. Dove esiste da tempo immemore il leggendario Orea Malià, letteralmente “bei capelli” : un salone da parrucchiere, chiaro. Ma al tempo stesso luogo ibrido, sapientemente costruito attorno all’idea di fare comunità, discutere, condividere. Con lo sterile chiacchiericcio da casco della permanente che si trasforma in spunto dialettico da coltivare e su confrontarsi; gli ambienti che sanno accogliere con naturalezza continue “invasioni” artistiche.

Come quelle, coloratissime, scatenate dal gruppo Cracking. Che chiama a raccolta nel capoluogo emiliano le sue creature disperse – i bimbi sperduti di un ideale Peter Pan collettivo – nel corso di un’esperienza lunga e articolata. A rispondere sono delfini rosa e rane blu, lumache nerissime e suricati multicolor: decine di statue di dimensioni diversi affollano il salone di Orea Malià, trampolino di lancio per muoversi in ogni angolo della città.

È stata ghiotta l’occasione offerta da Arte Fiera, con gli oltre 40mila appassionati d’arte arrivati in un solo fine settimana a Bologna, per festeggiare in modo virale due decenni di avventure. Ecco subito riprendere, allora, il viaggio della Cracking Art: con le sculture a fare capolino a casa Golinelli, in uno dei templi del collezionismo italiano; e ancora a occhieggiare dalle vetrine dei negozi del centro storico, affacciate ai balconi degli alberghi…