Il genio di Michelangelo ai Musei Capitolini

30 Maggio 2014


Le sue opere più note al grande pubblico sono semplicemente inamovibili. Impensabile sradicare la celeberrima Pietà  dalla Basilica di San Pietro, assurdo pensare che gli Uffizi siano disposti a privarsi del Tondo Doni  , decisamente avventurosa anche solo in astratto l’ipotesi di strappare fli affreschi della Cappella Sistina. Regala allora spunti ancora più interessanti la mostra che a Roma ricorda il 450esimo anniversario della morte di Michelangelo Buonarroti.

Centocinquanta i lavori del genio accolti nelle sale dei Musi Capitolini: scelta non casuale, semmai motivata dalla contiguità con quella piazza del Campifoglio riallestita e inquadrata scenograficamente proprio da Michelangelo. Che vedrebbe qui e ora una varietà di interventi capaci di restituire il talento poliedrico di un genio trasversale, a proprio agio tanto nelle arti plastiche e visuali quanto nell’architettura.

Si parte dal disegno, sempre di straordinaria pulizia: sia che si tratti dello studio per la testa di Leda, ritratto tra i più delicati del Rinascimento; sia che ci si spinga fino all’avveniristico progetto per la copertura della basilica vaticana. Si passa poi, naturalmente, alla scultura: il campo nel quale l’estro di Michelangelo sa prorompere con una limpidezza squisita, mediando la lezione del classico con le necessità espressive e drammatiche di un uomo dal piglio decisamente moderno.

Ha solo quindici anni lo scultore quando lavora al bassorilievo della Madonna della Scala  che apre idealmente la mostra romana, saggio di una manualità già profondamente matura. Ma è nella composta eleganza del Cristo Risorto  in arrivo da Bassano Romano, così simile per misurato equilibrio e stentorea affermazione della propria personalità al mitico David, che entriamo nella stagione dei grandi e più apprezzati capolavori.