“Non sono io!”: un autoritratto concettuale di Isgrò per gli Uffizi

24 Maggio 2014


Conosciamo quelli dei grandi maestri del Rinascimento: alcuni solo presunti – è il caso di Masaccio o Piero della Francesca – nascosti con enigmatico pudore in affollate scene di gruppo; altri invece, pensiamo a Raffaello, esplicitati in forma di mature affermazioni del sé. Amiamo quelli disperati di Caravaggio e, via via che la Storia si avvicina a noi, quelli stralunati di Andy Warhol. Abbiamo insomma una lunga familiarità con l’idea di autoritratto. Ma come considerare la sua negazione?

Dichiaro di non essere Emilio Isgrò  è la geniale, spiazzante, disarmante opera concettuale che il grande artista siciliano realizza – anticipando di decenni tematiche solo oggi di stringente attualità – nel 1971. E che oggi sceglie di donare attraverso l’Associazione Amici degli Uffizi al museo più visitato del Bel Paese. Un progetto illuminante, eretico come nella prassi propria di una figura tra le più libere e originali dell’arte contemporanea italiana.

Sette fogli di carta serigrafata, ognuno dei quali portatore di uno straniante messaggio firmato dallo stesso artista e dai membri della sua famiglia: il padre Giuseppe, il fratello Bruno e la sorella Maria Rosa. Uniti in un’opera che afferma, negando, l’identità di Emilio: paradosso solo apparentemente giocoso, ma in realtà profondissimo nell’indurre attraverso la più esagerata delle menzogne una riflessione sul concetto di identità individuale.

“Non è mio figlio”“Non può essere lui”  si legge nelle laconiche sentenze che introducono all’ammissione dello stesso artista: “Oggi, 6 febbraio 1971, dichiaro di non essere Emilio Isgrò”. Uno scherzo serissimo, che non ha mai smesso di essere attuale. Anzi, proprio nell’epoca dei social media e dei selfie, della sovraesposizione mediatica e della democratizzazione esasperata del’immagine, assume rinnovati motivi di interesse.