Fotografia: un progetto per raccontare la Cagliari invisibile

18 Luglio 2014


Spazi residuali, frammenti di terra di nessuno dove è l’ispida natura spontanea a prendere il sopravvento; linee spezzate di architetture popolari, con i casermoni a restituire scorci dalla poesia quasi metafisica. E poi volti, molti: sguardi insieme orgogliosi e severi, medium per scavare sotto la superficie delle cose e raggiungere il cuore caldo di una comunità. Le sue tensioni e aspettative, i suoi sogni e le inevitabili delusioni.

Titola eureca!  il macro progetto con cui l’agenzia Prospekt  ha invitato Vanessa Winship e George Georgiou ad entrare, armati di macchine fotografiche, nel quartiere Is Mirrionis. Una sintesi lessicale che lega un’Europa percepita come lontanissima rispetto ad una delle aree più difficili di Cagliari al tentativo, da parte del capoluogo sardo, di ottenere lo status di Capitale della Cultura 2019. Un apparente paradosso, che rinnega ogni facile retorica patinata: preferendo alla narrazione oleografica il crudo fascino della realtà.

Un’immersione durata sei settimane quella di Vanessa e George. Segnata dalla lenta ma inesorabile vittoria di pudori e reticenze, dall’ingresso nelle dinamiche di una quotidianità che porta sulla pelle le cicatrici del degrado. E che accomuna Cagliari a luoghi altri, nel segno di una globalizzazione a tratti perversa, là dove conurbazioni, abiti, tatuaggi si rivelano uguali a mille altri sparsi nel mondo, simboli di una identità espansa. Ricondotta a unità in un report di centoventi scatti, esposti fino al mese di ottobre alla Galleria Comunale d’Arte.
Un rapporto di reciproco scambio quello tra la coppia di fotografi e la città, una connessione peer to peer  : tanto i due hanno raccolto dalla gente del quartiere, tanto hanno restituito. Coinvolgendo i residenti in un percorso di alfabetizzazione all’immagine, un intenso workshop gratuito costruito per passare tecniche e tecnologie; insegnare a osservare e dunque ritrarre, fissare, fermare in una memoria finalmente condivisa la propria intima idea di città.