Dennis Hopper il fotografo. In mostra a Londra

8 Settembre 2014


Ha vissuto da protagonista una delle stagioni più energiche e frizzanti, affascinanti e contraddittorie della storia americana. Gli Anni Sessanta, passati tra Hollywood e dintorni; spostandosi da un set all’altro, fino ad arrivare all’esperienza determinante di Easy Rider . A quattro anni dalla scomparsa Dennis Hopper resta, nell’immaginario collettivo, legato indissolubilmente alla settima arte. Ma la sua capacità narrativa ha sperimentato con successo altri linguaggi espressivi.

Sono esposte fino a metà ottobre alla Royal Academy of Arts di Londra le fotografie che l’attore e regista ha scattato, in bianco e nero, tra il 1961 e il 1967. Un diario intimo e al tempo stesso collettivo di un Paese in vorticosa trasformazione; un sensuale viaggio alla scoperta delle illusioni e contraddizioni del mito americano, tra scatenati party hollywoodiani e meravigliose inquadrature di luoghi della nuova frontiera, icone di un inevasa urgenza di libertà.

Totale la curiosità di Hopper, trasversali i suoi soggetti. Vincente la capacità di entrare in sintonia con chi stava dall’altra parte dell’obiettivo. Ecco allora Jane Fonda e Roger Vadim concedersi un momento di relax al termine del loro matrimonio a Las Vegas, Andy Warhol e la crew della Factory fingere pose da azzimati colletti bianchi; e poi ancora Paul Newman incrociare uno dei suoi sguardi ammaliatori e Robert Rauschenberg scherzare (nella foto) con gioia e irriverenza quasi infantili.

Non ci sono vip nelle immagini di Hopper, ma donne e uomini comuni. Tali a prescindere dalla propria notorietà. Questa l’incredibile capacità di un artista che ha restituito l’essenza squisitamente popolare dell’America: rintracciata tanto negli studios  di Los Angeles tanto nel fango dei raduni hippy lungo la East Coast. Fissata in modo indelebile su pellicola, stupita testimonianza di un’epoca irripetibile.