Paesaggi d’America. Grear Patterson in mostra a Roma

La luce dell’imbrunire disegna sulla pellicola un’atmosfera pulviscolare, a suggerire lo svaporare di ricordi di infanzia in un’estetica dai chiari rimandi vintage: l’angolo di un quartiere residenziale, l’attesa al semaforo, un placido giardino, una madre con il suo bambino. C’è un immaginario di delicata poesia nelle fotografie e nei dipinti, nei collage visuali che Grear Patterson porta per la prima volta in mostra in Italia, nelle sale dell’American Academy di Roma, in collaborazione con la Depart Foundation.

A venticinque anni Patterson rappresenta una delle grandi promesse dell’arte a stelle e strisce. Promessa che, a quanto è dato di vedere dai lavori presentati nella Capitale fino al prossimo 30 novembre, è facile supporre verrà mantenuta. Straordinariamente matura, infatti, la sua concezione di uno spazio dove il vissuto diventa chiave di lettura per leggere e interpretare il presente, nella costruzione di un paesaggio rinnovato. Filtrato dallo sguardo del ricordo.

E così angoli domestici si confondono a spiagge urbane, con le texture di divani in fondo non troppo dissimili per trame e colori dalle colate di procedono senza soluzione di continuità a braccetto con quelli reali, pulsando sotto un cielo a tratti sgargiante a tratti inquieto, tra Manhattan e dintorni. Nasce così un atlante personalissimo eppure universale, con i luoghi della memoria dell’artista a esemplificare quelli sedimentati nel profondo di ognuno di noi.

Accogliendo il Forest Theater  di Patterson – questo il titolo, indovinato, della mostra – prosegue l’attività di quello che si configura come il più importante centro culturale americano fuori dagli Stati Uniti. Sono infatti una trentina, ogni anno, i creativi e gli intellettuali selezionati dall’Academy per periodi di residenza, di studio e lavoro, a Roma. Oggi come sempre considerata piattaforma imprescindibile per lo sviluppo dell’arte.

[nella foto: Grear Patterson – I will always love you, 2008, courtesy l’artista]