Artissima: performance a Torino per la fiera d’arte contemporanea

7 Novembre 2014


Fino a domenica 9 novembre Torino parla inglese, koiné standard per un mondo dell’arte che si dà appuntamento nell’avvolgente cornice dell’Oval – il palazzetto del ghiaccio creato per le Olimpiadi invernali del 2006 – da tre anni a questa parte teatro di Artissima. La fiera d’art contemporanea più importante d’Italia per profilo di espositori e qualità di opere. La più “curata”, in senso letterale: perché ogni sua sezione risponde a un disegno concettuale che crea all’interno del percorso espositivo una concatenazione di piccole grandi mostre.

I numeri crudi parlano di quasi duecento gallerie, tre quarti delle quali straniere – si passa dalla a di Arabia Saudita alla u di Ungheria – e di diciannove debutti nell’attesissima sezione rivolta alle New Entries, con realtà giovani che fanno della sperimentazione la propria cifra identificativa. Proprio la volontà di sondare terreni nuovi porta alla grande rivoluzione di questa ventunesima edizione: l’introduzione di un focus centrato sul linguaggio della performance.

Artissima alza così la propria asticella, scegliendo di puntare su un medium artistico tra i più fortunati e immediati, ma al tempo stesso tra i più difficili da incastrare in un’ottica – tale è la natura di una fiera – squisitamente commerciale. Vale allora tantissimo il palinsesto della sezione Per4orm, che vanta tra tante giovani proposte anche nomi forti della scena italiana e internazionale: come Marcello Maloberti, che rielabora il proprio intervento per la Biennale di Venezia del 2013; e come Italo Zuffi e Nico Vascellari.

Proprio Vascellari ha pigiato sull’acceleratore e scardinato i tradizionali cliché dell’evento fieristico. Portando il pubblico di Artissima fuori dall’Oval, per osservare la sua struggente e drammatica azione compiuta attraversando di corsa una strada a forte percorrenza, passando abbarbicato su un guard-rail venti interminabili minuti. Fermo, in silenzio, nell’indifferenza degli automobilisti di passaggio: grido muto di un’incomunicabilità generazionale.

[nella foto: Mariana Castillo Deball -Tamoanchan, 2013 – photo credit Francesco Cardarelli, courtesy pinksummer, Genova]