Paul Chan vince l’Hugo Boss Prize. E una mostra al Guggenheim

24 Novembre 2014


Dal giorno della sua istituzione, era il 1996, è stato assegnato a grandi star della scena internazionale: in primis l’irriverente Matthew Barney, poi Douglas Gordon e Tacita Dean, Dahn Vo e Rirkrit Tiravanija, Pierre Huyghe, Marjetica Potrč e Emily Jacir. Fino a Hans-Peter Feldmann, che proprio in questa occasione presentò la sua installazione a base di dollari che costò al suo ospite, il Guggenheim, una delicata causa legale. Oggi va, per la prima volta, a un artista che gioca in casa.

È nato nella Grande Mela Paul Chan: ed è lui il vincitore dell’edizione 2014 dell’Hugo Boss Prize, riconoscimento per l’arte contemporanea bandito dal noto marchio fashion, che mette in palio una mostra personale negli spazi prestigiosi della sede newyorchese del museo Guggenheim (in programma la prossima primavera). Oltre a un riconoscimento in denaro di centomila dollari, borsa che lo rende tra i premi per l’arte più ricchi a livello mondiale.

Un riconoscimento per l’arte che arriva… dall’arte: niente critici o curatori, giornalisti o galleristi, direttori di musei o studiosi. La giuria è composta interamente da artisti, chiamati a indicare quale collega premiare: compito toccato quest’anno all’indiana Sheela Gowda, alla pittrice tedesca Charline von Heyl, al musicista e artista visuale egiziano (ma britannico d’elezione) Hassan Khan e alla giovane francese Camille Henrot, tra le più apprezzate protagoniste dell’ultima Biennale di Venezia.

A convincere è il lavoro multidisplinare condotto da Chan, che carica le sue installazioni ambientali di forti connotati filosofici e addirittura politici, costruendo intense e articolate visioni di una realtà in febbrile evoluzione. I suoi riferimenti, che spaziano da Aristotele a Caravaggio fino alle lezione dell’intellettuale italiano Giorgio Agamben, si declinano nel ricorso mai banale alle nuove tecnologie. Con strumenti digitali, dai tablet alle vecchie tastiere da pc, usati come feticcio di un presente da reinterpretare.