Buon compleanno a Duchamp, padre dell’arte concettuale

28 Luglio 2015

Marcel Duchamp

Nasceva il 28 luglio 1887 l’autore che, forse ancor più di Pablo Picasso e tutti gli altri nomi delle avanguardie storiche, ha maggiormente influito sugli sviluppi dell’arte contemporanea. Invece di rappresentare la molteplicità dei punti di vista in una singola raffigurazione – come nel cubismo – o trasferire alla rappresentazione stati emotivi e mentali – aspirazione dell’espressionismo – Marcel Duchamp rinnegò direttamente le tecniche tradizionali. Il suo contributo non rivoluzionò la pittura o la scultura: le abolì, almeno nella loro concezione canonica.

Se già nel corso della Grande Guerra, cui Duchamp era fuggito emigrando negli Stati Uniti, l’artista mostra di apprezzare l’arte “mentale” della nuova corrente Dada, a partire dal 1915 i suoi readymades mettono in discussione lo stesso concetto di arte com’era stato inteso fino a quel momento.
Al contrario delle altre sperimentazioni avanguardistiche, Duchamp rigetta la nozione di un’arte innanzitutto sensoriale, che deve in qualche modo appagare o stimolare l’occhio; invece di stilizzare, minimizzare o al contrario rendere eccessivi colori e forme, l’artista sceglie semplicemente di fare a meno dell’apporto manuale all’operazione artistica, cercando di ridurre l’intervento allo stretto indispensabile. Nascono da questi presupposti il celebre orinatoio del 1917 – che basta capovolgere e “firmare”, perché diventi una Fontana – come pure l’Aria di Parigi e la parodia della Monna Lisa leonardesca, opere realizzate entrambe nel 1919.

Duchamp promuove l’artista come “selezionatore” di brani della realtà che modifica quel tanto che basta a garantire loro lo status di opera d’arte, invece di creare con la materia grezza nuove dimensioni inedite, più o meno fedeli allo stesso dato reale.
Questo ruolo artistico – e il parallelo rifiuto delle tecniche tradizionali – apre di fatto a tutte le sperimentazioni dell’arte contemporanea nel secondo dopoguerra; sganciatasi dall’obbligo di produrre “cose”, l’arte si fa concettuale. E non soltanto, perché anche performance e body art in fondo devono a Duchamp la loro costituzione: se tutto è arte, basta che l’artista lo decida e “intervenga” a isolare quel brano di realtà dal flusso dei “banali” eventi quotidiani, allora lo stesso intervento dell’artista – su se stesso o sul mondo – diviene la condizione sufficiente e necessaria perché un’opera prenda vita.

[Immagine in apertura: Henri Cartier-Bresson, Marcel Duchamp nel suo studio, dettaglio, 1968. Credits: Contrasto/©Henri Cartier-Bresson/Magnum]