Il cinema secondo gli artisti, al Whitney Museum

11 Novembre 2016

Hito Steyerl (b. 1966), Factory of the Sun, 2015. High-definition video, color, sound; 22:56 min., looped; with environment, dimensions variable. Installation view: Invisible Adversaries, Hessel Museum of Art, Bard College, Annandale-on-Hudson, New York, 2016. Bard College, Annandale-on-Hudson, New York; Marieluise Hessel Collection. Image courtesy of the artist and Andrew Kreps Gallery, New York. Photograph by Sarah Wilmer

Fino al 5 febbraio 2017, il Whitney Museum di New York fa da cornice a una mostra poderosa. Dreamlands: Immersive Cinema and Art, 1905–2016 mette in luce le innumerevoli modalità con cui gli artisti, dai primi anni del Novecento ai giorni nostri, hanno saputo combinare e reinterpretare i vari elementi alla base del cinema – come lo schermo, la proiezione e l’oscurità della sala.

Connettendo vari momenti creativi del secolo scorso nell’ambito cinematico, la rassegna si ispira fin dal titolo all’opera science fiction di H.P. Lovecraft, in cui le diverse dimensioni possono essere visitate solo grazie ai sogni. Il risultato è una serie di ambienti immersivi ad alto tasso tecnologico, un mix di colori, musica, suoni da vivere attraverso i sensi.

Dreamlands raccoglie le opere di artisti e filmmaker americani attivi nell’arco dell’ultimo secolo, cui si aggiunge una ristretta selezione di lavori realizzati sullo sfondo del cinema tedesco, che esercitò una certa influenza su quello oltreoceano. Tra installazioni, disegni, ambienti 3D, pittura, performance e scultura, gli artisti in mostra spaziano da Trisha Baga a Liam Gillick, da Dominique Gonzalez-Foerster a Pierre Huyghe, da Anthony McCall a Philippe Parreno, da Oskar Schlemmer a Hito Steyerl e Rirkrit Tiravanija, solo per citarne alcuni.

[Immagine in apertura: Hito Steyerl, Factory of the Sun, 2015. Installation view: Invisible Adversaries, Hessel Museum of Art, Bard College, Annandale-on-Hudson, New York, 2016. Image courtesy of the artist and Andrew Kreps Gallery, New York. Photo by Sarah Wilmer]