Jheronimus Bosch e Venezia, un legame da scoprire

16 Febbraio 2017


Dopo le mostre monografiche a lui intitolate da ’s-Hertogenbosch, la sua città natale, e dal Prado di Madrid, tocca a Venezia concludere il lungo anno celebrativo del 500esimo anniversario della scomparsa di Jheronimus Bosch, artista fra i più enigmatici e talentuosi del suo tempo.

Dal 18 febbraio al 4 giugno, l’Appartamento del Doge, nel cuore di Palazzo Ducale, farà da cornice a Jheronimus Bosch e Venezia, la rassegna costruita attorno ai due trittici e alla quattro tavole realizzate dal pittore olandese, conservate presso le Gallerie dell’Accademia veneziane e recentemente sottoposte a un restauro che ha rivelato una serie di importanti indizi rispetto alle origini e al significato dei lavori di Bosch, nonché alla presenza a Venezia di alcuni di essi.

Come dimostrato dalla volontà del Cardinale Domenico Grimani di possedere i capolavori dell’artista, a Venezia era in voga un certo gusto per un’arte visionaria e onirica, ben lontana dal classicismo di Tiziano o da una pittura tonale tipicamente veneta. Il Trittico di Santa Liberata, il Polittico delle Visioni dell’Aldilà e il Trittico dei Santi Eremiti saranno il cuore pulsante di un’indagine attorno ad alcuni momenti chiave dell’iter artistico di Bosch, che risultano ancora misteriosi.

Una cinquantina di opere legate al medesimo contesto boschiano – dai dipinti di Jacopo Palma Il Giovane ai disegni di Dürer, Cranach e Bruegel fino a preziosi manoscritti e bronzi e marmi antichi – approfondiranno non solo la poetica di Bosch, ma anche le atmosfere della sua epoca, soprattutto quelle veneziane.

[Immagine in apertura: Anonimo dei Paesi Bassi, Inferno, 1500 circa, olio su tavola, Venezia, Museo Correr, legato Teodoro Correr 1830, inv. Cl. I n. 515, 2017 Credit © Archivio fotografico – Fondazione Musei Civici di Venezia]