Il dramma del ghetto polacco, in mostra a Boston

22 Marzo 2017


Tra il 1940 e il 1945, i nazisti confinarono nel ghetto di Lodz, in Polonia, circa 200mila persone: sopravvissero in 877, tra i quali anche il fotoreporter Henryk Ross. A lui era stato affidato l’incarico di documentare, ricorrendo alla fotografia, la “produttività della forza lavoro del ghetto”, come richiesto dalla propaganda nazista.
Segretamente, però, Ross portò avanti un’azione di racconto del dramma quotidiano degli ebrei, relegati nel più grande ghetto polacco dopo quello di Varsavia. Poco prima delle deportazioni che portarono alla definitiva “liquidazione” dell’area e dei suoi residenti, il fotografo nascose più di 6mila documenti, tra negativi e stampe, all’interno di una scatola di legno in una buca nel terreno. Dopo la liberazione, nel 1945, tornò in possesso di questo materiale, scoprendo che oltre la metà delle opere si era salvata dall’attacco dell’umidità e degli altri agenti atmosferici.

Un patrimonio cui oggi il Museum of Fine Arts di Boston ha scelto di dare piena visibilità, per continuare a ricordare una delle vicende più drammatiche della seconda guerra mondiale. Il prossimo 25 marzo, dopo il debutto alla Art Gallery of Ontario – che conserva integralmente l’archivio Henryk Ross – aprirà la mostra Memory Unearthed: Photography from the Lodz Ghetto.
Saranno presentate oltre 200 immagini, intime, potenti e strazianti, accompagnate da alcuni manufatti “d’eccezione”. Tra questi, si segnalano la carta d’identità di Ross, alcuni esempi di decreti nazisti pubblicati nel ghetto e i filmati dal processo del 1961, nel quale il fotoreporter testimoniò portando le proprie foto come prova delle atrocità perpetrate all’intero del ghetto.