Balthasar Burkhard e la fiducia nella fotografia come forma d’arte

10 Giugno 2018


Dopo la tappa al  Folkwang Museum di Essen e la doppia mostra al FotoMuseum e alla Fotostiftung di Winterthur, il MASI – Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano ha appena aperto al pubblico l’allestimento di una grande monografica dedicata all’opera del fotografo e artista svizzero Balthasar Burkhard.
Forse poco conosciuto presso il grande pubblico, che pure ha sicuramente visto alcune delle più iconiche opere del fotografo, il nome di Burkhard assume in realtà una notevole rilevanza per la stessa evoluzione dell’arte dello scatto, che ha contribuito a rivoluzionare.

L’esposizione Balthasar Burkhard. Dal documento alla fotografia monumentale, come già indicato dal titolo, ripercorre infatti l’intera carriera dell’autore e con essa la progressiva autonomia raggiunta dalla fotografia rispetto al proprio ruolo iniziale, di strumento per documentare la realtà.
L’apprendistato di Burkhard è legato al reportage e alla fotografia documentaria, negli anni Sessanta, ma inizia ad affrancarsene quando diventa cronista della scena artistica internazionale a fianco del celebre curatore Harald Szeemann. Proprio entrando in contatto con la temperie creativa dell’epoca, insieme all’amico e collega Markus Raetz, Burkhard inizia a interrogarsi sulla possibilità di lasciare il segno nell’arte proprio utilizzando la macchina da presa. Realizza così le sue prime opere riprodotte in grande formato su tela.

Nella scelta insolita di questa dimensione monumentale, così come nell’approccio concettuale, la fotografia dialoga dunque con le altre forme d’arte dell’epoca. Negli anni Ottanta nascono così i peculiari allestimenti in cui il corpo viene ingigantito, fino ad assumere dimensioni assolutamente superiori a quelle reali, per trasformarsi infine in paesaggio o elemento architettonico.
La fotografia si emancipa dunque dalla dimensione tradizionale, dal formato maneggevole, per divenire installazione spaziale, quasi a mettere alla prova la stessa “tenuta” degli spazi espositivi. Saranno gli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio a spingere Burkhard in una direzione ancora più concettuale del proprio lavoro, con la realizzazione di paesaggi urbani e naturali caratterizzati da quel bianco e nero vellutato, atmosferico, che è la cifra di gran parte della sua opera.

[Immagine in apertura: Balthasar Burkhard, Leone, 1997, collezione privata © Estate Balthasar Burkhard, 2018]