Dalla Svizzera arriva Artmyn, lo scanner che svela le opere in dettaglio

27 Agosto 2018

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Esistono opere d’arte che, seppur con le dovute cautele e seguendo specifici protocolli, riescono a viaggiare per il mondo e a essere presentate durante appuntamenti espositivi che si svolgono anche a grande distanza dalla loro sede di conservazione. Al contrario, esiste un’ampia gamma di disegni, manoscritti, manufatti rari o particolarmente preziosi e altri lavori artistici che difficilmente può essere mostrata in pubblico. Anzi, talvolta la loro fragilità e unicità finisce per ridurre in maniera drastica anche le possibilità di consultazione diretta da parte di studiosi, restauratori e altri specialisti.

Sono anche queste le considerazioni alla base del progetto che una startup svizzera, con sede a Losanna, sta portando avanti dal 2012. Artmyn, il “super-scanner” sviluppato dai tecnici dell’omonima realtà, consente infatti di rendere visibili ‒ e, dunque, fruibili ‒ anche opere talmente delicate da essere messe a rischio dall’esposizione ai raggi solari o dalla mancanza di specifiche “garanzie” a livello di micro-clima. È il caso, ad esempio, del manoscritto P66, conservato in una cassaforte della Bodmer Foundation di Cologny, in Svizzera, e destinato alla disintegrazione in condizioni conservative diverse da quelle previste.

La collaborazione tra la fondazione svizzera e la startup ha prodotto un risultato interessante, che costituisce un vero e proprio “caso studio” per future estensioni del sistema. Come ha infatti dichiarato alla testata Artnet News Alexandre Catsicas ‒ CEO di Artmyn ‒ questo metodo potrebbe risultare particolarmente utile al mercato online, al centro di una rilevante crescita negli ultimi dieci anni. Studiosi, curiosi, ma anche collezionisti avrebbero infatti l’opportunità di ispezionare un’opera prima di acquistarla, potendo contare su un alto livello di approfondimento.