Nei prossimi anni l'ex carcere borbonico sull’isola di Santo Stefano-Ventotene, di proprietà demaniale, sarà oggetto di un articolato piano di recupero e rifunzionalizzazione che lo renderà finalmente fruibile a tutti. L'ufficializzazione è stata data nei giorni scorsi, con la presentazione del documento strategico del cosiddetto "Progetto Ventotene"

Per raccontare la storia dell'ex carcere borbonico sull’isola di Santo Stefano-Ventotene, dismesso e abbandonato da cinque decenni, è necessario andare indietro nel tempo fino all'epoca degli antichi Romani. Già allora, infatti, questo isolotto geograficamente appartenente alle Isole ponziane, oggi compreso nel comune di Ventotene (Latina), era stato designato a luogo di esilio. Una "vocazione", per così dire, proseguita nel corso dei secoli – dai Borbone ai Savoia, fino all'ascesa fascista – con l'assegnazione a questo "scoglio" della funzione detentiva. Si deve a Re Ferdinando IV di Borbone la scelta di costruire qui una struttura carceraria: il progetto fu elaborato, sul finire del Settecento, dall’ingegnere napoletano Francesco Carpi, che decise di ribattezzarlo "Ergastolo".Il carcere smise di funzionare nel 1965, quando il Ministero di Grazia e Giustizia ne dispose la soppressione. Nel 1987, l'edificio venne dichiarato "Bene di particolare interesse storico artistico" da parte del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e nel 2008, dopo che le isole di Ventotene e Santo Stefano divennero sia Area Marina Protetta, sia Riserva Naturale Statale, l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ne decretò lo "status" di Monumento nazionale. Tutti questi passaggi possono essere considerati in un certo senso "propedeutici" al risultato raggiunto in questi giorni: la presentazione del piano di recupero e valorizzazione dell’ex carcere borbonico dell'isola di S. Stefano -Ventotene.OBIETTIVO 2025 PER IL RECUPERO DELL'EX CARCERE"L’ambizione è di fare del recupero dell’ex carcere un’occasione di sviluppo sostenibile e integrato dell’isola: il progetto non si limita solo al doveroso recupero dello straordinario patrimonio culturale, ma stiamo attivando fin da ora partenariati, accordi quadro, protocolli con università, archivi, centri di ricerca italiani ed europei per riuscire a realizzare un piano di attività e ricerca culturale e formativa". Ad annunciarlo è stata  la commissaria straordinaria del Governo, Silvia Costa, nel corso della presentazione del programma di intervento che porterà alla rinascita di questo luogo. Bisognerà attendere il prossimo anno per l'avvio ufficiale delle operazioni, precedute da alcuni interventi urgenti di messa in sicurezza di porzioni dell'edificio a rischio crollo: "Entro giugno inizieranno i lavori e poco prima si lancerà il concorso internazionale di progettazione dell’intero complesso", ha aggiunto Costa. Ma quale futuro attende il complesso carcerario borbonico e l'intero isolotto? Oltre alle imprescindibili azioni che verranno intraprese per restaurare e rifunzionalizzare questa architettura considerata di "elevato spessore storico e culturale", si pensa a una sua riattivazione in "chiave europea": ospiterà infatti iniziative che la renderanno "un luogo vivo e rafforzativo della coscienza europea". L'ex carcere diventerà quindi un museo, in parte dedicato al racconto della vita detentiva; sarà un centro di documentazione; ospiterà residenze artistiche, attività di formazione, didattica e ricerca anche legate ai diritti umani, al futuro dell’Europa e del Mediterraneo. Per il Ministro per i beni e le attività culturali, Dario Franceschini, sarà "una fucina di pensieri nel luogo in cui è nata l'idea più rivoluzionaria dei nostri tempi: l'Europa federale. Quella che sembrava un'utopia in tempi di guerra tra le nazioni europee ai nostri giorni, anche per effetto di una crisi devastante come quella della pandemia, è quasi diventata realtà. Per questo oggi recuperare il carcere di Santo Stefano e farne un centro di confronto alto e dialogo aperto è più urgente che mai".[Immagine in apertura: Il carcere di Santo Stefano, photo by Gaúcho, 2005, via Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0), no changes were made]
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