Salonicco: in scena una biennale ribelle

18 Settembre 2013


È stata per secoli un porto commerciale di importanza capitale, snodo fondamentale per le tratte che dall’Europa puntavano verso oriente. Oggi misura sulla propria pelle il lato peggiore della crisi finanziaria. La memoria del passato, le inquietudini del presente e le incognite del domani: la quarta edizione della Biennale di Salonicco propone una riflessione accorta sulle più tese dinamiche internazionali. Filtrate dal potere evocativo dell’arte contemporanea.

Sono una cinquantina gli artisti invitati nella città greca da Adelina von Fürstenberg, ideatrice e instancabile curatrice di un evento che da questi giorni e fino al prossimo mese di gennaio raccoglie suggestioni e visioni da ogni angolo del globo. Con particolare attenzione per i paesi emergenti – Brasile e India su tutti – e per quelli dove è più forte la spinta verso forme di rinnovamento sociale e culturale. Come Iran, Cuba e la stessa Grecia.

Tra gli ospiti Adrian Paci, artista migrante che da sempre lavora sul tema dello sradicamento; ma anche Miltos Manetas, greco di passaporto ma autentico cittadino del mondo, rivoluzionario animatore di una comunità di artisti che nasce, cresce e crea sulla rete. Ironica la lettura del presente data dalle illustrazioni di Dan Perjovschi, sagace come un vignettista; crudele l’installazione che vede Claire Fontaine dare alle fiamme le sagome delle nazioni più deboli d’Europa. Italia in testa.

Progetti agli antipodi quelli presentati da due delle artistar invitate a Salonicco. Gioiosa e spensierata l’installazione di John Armleder, con uno stuolo di tavole da surf a esorcizzare le angosce del presente; un richiamo alla più cruda realtà, invece, il video con cui Marina Abramović documenta il dramma dei bambini soldato coinvolti nei più violenti conflitti del mondo. Due punti di osservazione alternativi. Diversamente profondi, ugualmente efficaci.