Cézanne e i suoi “allievi” italiani. In mostra a Roma

21 Ottobre 2013


Ha anticipato le visioni cubiste, risultando determinante perché Braque e Picasso portassero a maturazione la loro stupefacente rivoluzione pittorica. Una figura, la sua, tanto importante da indurre Roberto Longhi, straordinario interprete della critica, a definirlo “il più grande artista dell’era moderna” . Paul Cézanne ha contribuito in modo sostanziale alla trasformazione della pittura in linguaggio della contemporaneità. Contagiando con il proprio esempio più generazioni di artisti.

È dedicata al suo ruolo di inconsapevole maestro la mostra che a Roma, nelle sale del Complesso del Vittoriano, ospita fino al prossimo febbraio un cospicuo numero di lavori di Cézanne in dialogo con capolavori dai maggiori pittori italiani nel Novecento. Tutti a vario titolo suggestionati da una lezione di stile che ha indotto a un’indagine profonda sul modo di intendere l’arte, sancendo il definitivo superamento della stagione impressionista.

La mostra tesse trame narrative di imprevista meraviglia, restituendo un mosaico tanto complesso quanto affascinante.  Illuminante, a proposito, il confronto tra le Bagnanti  in prestito dal Musée Granet di Aix-en-Provence e l’analogo tema declinato nelle opere dei vari Casorati, Carena, ma soprattutto Pirandello. Con quest’ultimo ad attingere, ancora nel 1960, alle sublimi cromie del maestro francese.

Eccezionale l’accostamento tra la celebre Frutta  in arrivo dall’Ermitage di San Pietroburgo e la Natura morta  dipinta mezzo secolo dopo da Giorgio Morandi e oggi conservata al Mart di Rovereto. Le sperimentazioni formali dell’ultimo Cézanne si scoprono lezione preziosa per Boccioni; i suoi paesaggi, ripresi con occhio fotografico, ispirano quelli che negli Anni Venti vedono Carrà abbandonare la stagione metafisica per perseguire nuove suggestioni pittoriche.