Diego Perrone: “Il servo astuto” in mostra a Bolzano

10 Gennaio 2014


Il passato ritorna con garbata insistenza, ospite al tempo stesso ingombrante e atteso, nelle opere di Diego Perrone. Magnificamente sedotto dalla fascinazione che esercita la commistione tra registro popolare e reminiscenze classicheggianti, universo sintetico dove è facile che il principe De Curtis si accompagni ad omaggi alla statuaria di Adolfo Wildt. Una tensione creativa costante e sublime, come dimostra il più recente progetto condiviso dall’artista con il Museion di Bolzano.

Resta esposto fino agli inizi di febbraio, nella project room del museo altoatesino, Il servo astuto : progetto multidisciplinare che vede Perrone dare libero sfogo ad una coinvolgente pluralità di sguardi, linguaggi, espressioni. Nel segno di una enigmatica stratificazione di riferimenti incrociati, nel susseguirsi di pratiche che affondano le radici in un affascinante rincorrersi di suggestioni tattili e visive. Con forme che sorgono dalla carta per acquisire dinamica sostanza plastica.

Tutto nasce dai dettagli di immagini fotografiche, calligrafie quasi numismatiche tradotte prima in disegno, poi affidate a un elaborato processo di fusione a pasta di vetro. Nel recupero di un’antica tradizione di altissimo artigianato, Perrone scova inattesi e imprevedibili risultati estetici: con le forme che risultano letteralmente scolpite dalla luce, tornite con effetti di enigmatica meraviglia dalle cangianti variazioni cromatiche proprie del supporto.

Con questo intervento l’artista astigiano prosegue idealmente un percorso che ha trovato conforto nella sua partecipazione all’ultima Biennale di Venezia; si evolve seguendo nuove strade l’indagine che trasforma l’opera d’arte in un misterioso caleidoscopio, proponendo infinite possibilità interpretative. Il processo creativo si esalta in una mutevole fluidità, che disorienta per la ricchezza di spunti e visuali. Finendo, inevitabilmente, per conquistare.

[nella foto: Museion, Diego Perrone, Il servo astuto. Foto: Othmar Seehauser, courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano/ Casey Kaplan, New York]