Dalla Polonia a Roma: omaggio a Niemczyc

1 Novembre 2014


Il Paese europeo che più di ogni altro ha saputo, negli ultimi dieci anni, rinnovarsi e diventare punto di riferimento per la sperimentazione in campo creativo? Senza dubbio la Polonia, al centro di politiche culturali che ne hanno fatto piattaforma di eccezionale interesse nel campo delle avanguardie artistiche. Una scena frizzante, su cui la Fondazione Pastificio Cerere di Roma apre una finestra di analisi che muove dal recente passato. E immagina il prossimo futuro.

Terza puntata, in scena dal 3 al 28 novembre nelle sale della Fondazione, per la serie di mostre che vede Ilaria Gianni e Luca Lo Pinto presentare il lavoro di figure capitali per la maturazione della scena polacca. Dopo l’incontro con l’arte concettuale di Edward Krasinski e con la fotografia di Tadeusz Rolke è giunto il momento di celebrare – nel ventesimo anniversario della morte – l’eccentrica parabola di Krzystof Niemczyc.

Un percorso eretico quello di Niemczyc, intellettuale a tutto tondo alieno agli accademismi e alle formalità: pittore e scultore autodidatta, musicista e filosofo, scrittore e performer; grandissimo e irruento provocatore, teorico di un’arte che punta sullo shock per smuovere le coscienze e ribadire le urgenze ineludibili della contemporaneità. Per la prima volta in mostra in Italia ecco i materiali delle sue azioni controcorrente, con il corpo – spesso nudo – trasformato in immediato veicolo di comunicazione visuale.

Fotografie e lettere, alcune delle quali letteralmente trafugate dalla Polonia negli anni del regime comunista, dialogano per l’occasione con le opere video della giovane Paulina Olowska: un’artista figlia del suo tempo, che attraverso il proprio lavoro testimonia il processo di assimilazione e rielaborazione della lezione di Niemczyc. Gettando un ponte tra presente e passato, prova inconfutabile della trasversalità dell’arte nella Storia.