Ricordando James Rosenquist: l’omaggio di Colonia

19 Dicembre 2017

Installation view "James Rosenquist: Painting as Immersion”, Museum Ludwig, Cologne, Photo: Rheinisches Bildarchiv Köln, Cologne/ Rico Burgmann

Fino al prossimo 4 marzo, le sale del Museum Ludwig di Colonia fanno da sfondo a James Rosenquist. Painting as Immersion, l’omaggio espositivo a una delle personalità più iconiche del Novecento. Curata da Stephan Died­erich e Yil­maz Dziewior, la rassegna costituisce il “debutto” di Rosenquist negli ambienti del museo tedesco, che ospita la prima retrospettiva dedicata all’artista dopo la sua morte, avvenuta il 31 marzo scorso.

Attento osservatore della dinamiche politiche e sociali del suo tempo, Rosenquist ha saputo restituirne i contorni grazie a uno sguardo lucido e a una tecnica variegata, che punta a includere lo spettatore all’interno dell’opera. Proprio questa componente immersiva è al centro della mostra tedesca, che riunisce capolavori pittorici entrati negli annali della storia dell’arte recente.

Oltre a un ricco apparato di materiali d’archivio, molti dei quali mai esposti prima, e a una serie di ritagli originali tratti dalle pagine della rivista Life, usati dall’artista come punto di partenza per i suoi collage, la mostra di Colonia include anche la poderosa installazione F-111, emblema della Pop Art americana. Realizzata da Rosenquist fra il 1964 e il 1965, l’opera vede protagonista il jet militare F-111 e un mix di riferimenti alla cultura del consumismo.

Una trascrizione visiva dello spirito del tempo, che chiama in causa lo spettatore grazie all’uso di pannelli riflettenti in alluminio. Un invito a riflettere sugli eventi di una storia privata e collettiva, fatta di identità e cambiamenti, come testimoniato da un altro imponente lavoro esposto, The Swim­mer in the Econo-mist, il dipinto lungo 27 metri, realizzato fra il 1997 e il 1998 per una mostra a Berlino.

[Immagine in apertura: Installation view della mostra James Rosenquist: Painting as Immersion, Museum Ludwig, Colonia. Photo: Rheinisches Bildarchiv Köln, Cologne/ Rico Burgmann]