A Mantova, la pittura “si veste” di pietre preziose

20 Ottobre 2018

Manifattura granducale, Formella con uccello e fiori, inizi XVIII secolo, commesso di pietre dure, Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure

Si intitola Pietre colorate molto vaghe e belle. Arte senza tempo dal Museo dell’Opificio delle Pietre Dure la rassegna che, fino al 31 marzo 2019, animerà il Castello di San Giorgio del Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova. Realizzata in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, la mostra approfondisce la tecnica artistica detta del “commesso”, secondo un mix di linguaggi e materiali suggestivi.

Grazie a essa, infatti, sulla base di un modello pittorico, è possibile generare un assemblaggio di piccole sezioni di pietre colorate che includono porfidi, agate, lapislazzuli, selezionate e affiancate con minuzia per dare vita a una “pittura di pietra”, ben testimoniata dai capolavori esposti a Mantova.

Protagoniste assolute sono alcune opere legate alla eccezionale raccolta di “commessi” in pietre dure della Manifattura Granducale, istituita da Ferdinando I de’ Medici nel 1588, e oggi conservata nel Gabinetto Disegni e Stampe del Museo dell’Opificio per un totale di oltre 3mila pezzi, in gran parte inediti, che descrivono le attività delle Botteghe Granducali nell’arco dei secoli.

La mostra offre anche l’opportunità di ammirare il dipinto di Giuseppe Zocchi, l’Allegoria della Terra (1750), accostato alla sua trasposizione in pietra attualmente custodita dal Complesso della Hofburg a Vienna e creata dalla Manifattura Granducale nel 1752 su commissione dell’imperatore Francesco Stefano di Lorena.
Per la prima volta, infine, è esposta la trasposizione moderna dell’Allegoria della Terra in commesso in pietre dure, realizzata dal Laboratorio del Settore Mosaico e commesso in pietre dure dell’Opificio per ripercorrere le fasi di un tecnica complessa e antica.

[Immagine in apertura: Manifattura granducale, Formella con uccello e fiori, inizi XVIII secolo, commesso di pietre dure, Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure]