Il libro dedicato alle parole smarrite della lingua italiana

17 Dicembre 2020

Parole al balcone, opera di Sabrina D'Alessandro per il Premio Suzzara, 2018. Courtesy l'artista

Dove finiscono le parole una volta che la loro utilità si è esaurita? C’è un luogo in cui esse vengono raccolte, accatastate, prima di essere completamente smaltite dalla memoria della storia? Se lo è chiesto, e continua a farlo, Sabrina D’Alessandro, fondatrice di un ente “preposto al recupero di parole smarrite benché utilissime alla vita sulla terra”: l’Ufficio Resurrezione Parole Smarrite.

Sulla base di questa esperienza, portata avanti negli anni con iniziative a carattere artistico e lessicale, nasce oggi un tesoretto di oltre 400 pagine: una pregevole raccolta di termini dimenticati, poco usati, caduti nell’oblio e per l’occasione ripescati attraverso un’operazione dal sapore archeologico e quasi commovente.

PAROLE DA SALVARE

Pubblicato da Bur, Il libro delle parole altrimenti smarrite (già dato alle stampe nel 2011, e riproposto in una nuova edizione) è un concentrato di chicche per amanti della lingua e della realtà sensibile (se è vero che ognuno dei termini qui offerti al lettore costituisce una chiave di lettura di un aspetto, di una sfumatura o di un frammento del mondo).

“Salapùzio”, “sinforosa”, “troppodire”, “redamare”. Le voci lessicali sono tantissime, e tutte catalogate dall’autrice secondo temi universali quali l’amore, i mestieri, la politica, gli improperi, le gioie e le stupidità umane. Queste parole esistono anche per aiutarci a vedere e a vivere meglio: tornare a usarle, tornare ad apprezzarle e ad amarle non significa solo salvaguardare un patrimonio linguistico, ma alimentare la ricchezza e l’allegria del nostro immaginario profondo.

[Immagine in apertura: Parole al balcone, opera di Sabrina D’Alessandro per il Premio Suzzara, 2018. Courtesy l’artista]