4 fotografi reinterpretano i dipinti solitari di Edward Hopper

16 Febbraio 2021

Richard Tuschman©, Morning Sun, 2012, Inkjet print on cotton paper, cm 60x90, Edition 2-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology

Se c’è un artista che – in maniera calzante e nondimeno abusata – è stato preso come riferimento per raccontare la pandemia in corso, quello è Edward Hopper. Simbolo dell’incomunicabilità e della distanza tra individui nell’America del secondo dopoguerra, i dipinti del pittore di Nyack sono stati scelti in molte occasioni come metafore per esprimere le emozioni che hanno caratterizzato i lunghi mesi di lockdown, risultando quanto mai attuali nonostante i decenni di distanza dalla loro produzione.

A sottolineare ancora una volta l’assonanza tra i sentimenti del nostro presente e quelli percepiti nei dipinti del maestro statunitense è oggi una nuova rassegna virtuale. Non una mostra di pittura, tuttavia, ma un progetto che punta i riflettori sulla produzione di Hopper attraverso i linguaggi della fotografia.

EDWARD HOPPER IN VERSIONE FOTOGRAFICA

Fruibile in modalità virtuale (fino al 28 febbraio) sul sito della galleria Photology, la rassegna – dal titolo Hopperiana. Social distancing before Covid-19 – chiama a raccolta quattro maestri dell’obiettivo, spinti a reinterpretare attraverso il loro stile le ambientazioni e l’iconografia del grande pittore. Protagonisti sono Luca Campigotto, Gregory Crewdson, Franco Fontana e Richard Tuschman, invitati ad attualizzare, e a dirigere verso nuovi significati, dipinti storici come Morning Sun.

Il risultato è una “staffetta” di stampe nelle quali la “poetica della solitudine” dell’artista si ripropone all’interno di composizioni similmente sospese: scenografie urbane, interni domestici e figure umane lasciate in attesa di un tempo che non si manifesta.

LE FOTOGRAFIE IN MOSTRA

[Immagine in apertura: Richard Tuschman©, Morning Sun, 2012, Inkjet print on cotton paper, cm 60×90, Edition 2-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology]