Fotografia: a Milano è tempo di MIA Fair

22 Maggio 2014


Chi si occupa di mercato dell’arte lo sa bene: la fotografia è medium che attira sempre più collezionisti, risultando completamente anticiclico rispetto alle diffidenze che circondano molti altri settori. Lo dicono i numeri delle principali case d’aste al mondo – da Sotheby’s a Phillips – e lo conferma la crescita costante dei visitatori, e delle vendite, che registra Paris Photo . Il massimo evento internazionale dedicato al settore, tanto in salute da raddoppiare il consueto appuntamento autunnale nella Ville Lumiére con la passerella primaverile in quel di Los Angeles.

Cade dunque in un periodo di particolare entusiasmo la quarta edizione di MIA, la più importante fiera che l’Italia dedica alla fotografia d’arte. In scena a Milano dal 23 al 25 maggio, nel padiglioni di Superstudio Più: affollati quest’anno da centottanta espositori, con una ottima presenza dall’estero. E l’adesione, tra tante gallerie specializzate, di nomi forti della scena contemporanea – dalla milanese Toselli alla toscana Continua. Ulteriore motivo di vanto per una fiera in crescita costante, attesa nei prossimi mesi alla sua prima trasferta asiatica: obiettivo Singapore.

Una fiera dove vendere e comprare fotografia, MIA. Ovviamente. Ma anche una piattaforma dove creare contatti, occasioni e opportunità. Dopo il successo della passata edizione si ripete il programma Codice MIA: 45 gli artisti selezionati per incontri faccia a faccia con un parterre di esperti del settore (grandi collezionisti, art dealer, curatori di collezioni aziendali tra le più importanti d’Europa), chiamati a fornire la propria consulenza nella definizione di portfolio e percorsi di ricerca.

Scorrendo per i corridoi di MIA è facile imbattersi nei più grandi maestri dell’immagine. Passando da Giovanni Gastel a Francesca Woodman, da Franco Fontana a Maurizio Galimberti; fino a Francesco Jodice e Hans Op De Beeck. Ma non mancano gli emergenti: su tutti Matteo Attruia, autore di surreali e ironiche foto segnaletiche. Perché il volto dell’interlocutore è affiancato da un autoritratto dell’artista visto da dietro, in uno straniante fronteretro.

[nella foto: Fabiano Parisi, The Empire of Light 01, 2013, Giclèe print su carta cotone, cm 100×150, 2/8, Fabiano Parisi, courtesy Galleria Glauco Cavaciuti]