Un inno alla gioventù la trentesima edizione della kermesse: vincono intense storie di adolescenti difficili. Trionfo per "Shell" di Scott Graham; menzione speciale per il "Pavilion" di Sutton.
Storie giovani. Protagonisti giovani. Interpreti giovani. Guarda avanti il Torino Film Festival, che nell’assegnazione dei premi sembra seguire, per la sua trentesima edizione, una linea mai così omogenea, nella quale non è difficile riconoscere la visione di un presidente di giuria, Paolo Sorrentino, che dimostra nei propri film un feeling innegabile con i percorsi di crescita e formazione. Vicende intense e struggenti, dall’alto tasso di emotività.
Vince Shell , opera prima dell’inglese Scott Graham, splendido per una fotografia che esalta al massimo i paesaggi estremi di una Scozia magnifica e selvaggia. Un ambiente magnetico, che si rivela autentica zavorra per le ambizioni della protagonista, adolescente che vive nell’ombra della figura paterna e non sa trovare la strada per la propria emancipazione. Almeno fino al momento di un incontro fatale.
Giovanissimi sono anche i protagonisti di Pavilion , che si aggiudica ex aequo con l’italianissimo Noi non siamo come James Bond , il premio speciale della giuria. Il regista Tim Sutton osserva la quotidianità di un gruppo di adolescenti nella più profonda e addormentata provincia americana: ecco l’affresco tenero e disincantato di una generazione senza punti di riferimento, tanto connessa con il mondo quanto condannata ad una solitudine irrimediabile.
Va in archivio la trentesima edizione di un festival, quello di Torino, che ha sancito il ritorno del pubblico nelle sale: numeri in crescita per una kermesse che saluta Gianni Amelio, al suo ultimo anno come direttore artistico della rassegna. Una consolazione per il cinema italiano, che proprio in questi giorni viene sonoramente bocciato nel corso degli European Film Awards: nessun riconoscimento per l’unico tricolore in corsa, Cesare deve morire dei fratelli Taviani. Trionfa Amour di Haneke.